L'empio furore dentro...
Il diritto internazionale inteso come diritto alla guerra non è propriamente concepibile (poiché dovrebbe essere un diritto di determinare ciò che è giusto non secondo leggi esterne universalmente valide, limitanti la libertà di ciascuno, ma secondo massime unilaterali, per mezzo della forza): a meno che non lo si voglia intendere nel senso che uomini i quali pensano in tal modo hanno la sorte che si meritano, se si distruggono a vicenda e trovano cosí la pace eterna nella vasta fossa che copre tutti gli orrori della violenza e insieme anche i loro autori. Per gli Stati che stanno tra loro in rapporto reciproco non può esservi altra maniera razionale per uscire dallo stato naturale senza leggi, che è soltanto stato di guerra, se non rinunciare, come i singoli individui, alla loro libertà selvaggia (senza leggi), consentire a leggi pubbliche coattive e formare cosí uno Stato di popoli (civitas gentium) che si estenderebbe sempre più ed abbraccerebbe infine tutti i popoli della terra. Ma poiché essi, secondo la loro idea del diritto internazionale, non vogliono ciò affatto e rigettano quindi in ipotesi ciò che in tesi è giusto, cosí, in luogo dell’idea positiva di una repubblica universale (e perché non tutto debba andare perduto) rimane soltanto il surrogato negativo di una lega permanente e sempre più estesa, come unico strumento possibile che ponga al riparo dalla guerra e arresti il torrente delle tendenze ostili contrarie al diritto, sempre però con il continuo pericolo che queste erompano nuovamente (Furor impius intus […] fremit horridus ore cruento: «L’empio furore dentro… orrendamente freme con fauci di sangue».

Crediti
 Immanuel Kant
 Per la pace perpetua
  introduzione di Norberto Bobbio
  a cura di Nicolao Merke
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