[…] l’esistenza non può chiarire sé stessa, essa è nel bisogno costante di venire illuminata, sì che da ciò che si intende per *luce* dipende la sua chiarificazione.
La chiarificazione non sopraggiunge, ma opera nel momento stesso in cui essa appare oscura. Questo rilievo è importante perché consente di dichiarare l’oscurità come grado di oscurità (più o meno oscura, dunque più o meno chiara) onde chiarezza ed oscurità non sono né possono essere assolute. In altre parole, ciò che sembra chiaro in quanto soddisfa determinate condizioni di chiarezza (relativa) può risultare oscuro in quanto non soddisfa altre condizioni. Se l’esistenza non è definibile, è di volta in volta da determinare (in relazione alle condizioni) il grado-di-oscurità che ne caratterizza la necessità di chiarificazione. La chiarezza, dunque, non è mai totale, essendo progressiva chiarificazione secondo diverse prospezioni. Allorché ci si colloca in un punto di vista si compie implicitamente una chiarificazione poiché, rispetto a questo, la cosa vista è appunto visibile, emergendo da una restante oscurità.
Ora, di volta in volta, compaiono sia il chiarificare sia il residuo non chiarificato, […] se esistenza è bisogno-di-venire-chiarificata, allora una chiarificazione totale varrebbe come negazione dell’esistenza, determinata dalla soddisfazione totale di quel bisogno indivisibile da essa.
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