Entrava il nipotino bienne nonno, dicendo, voglio scrivere io pure. Linee di spezzate risolte in rastremanti spirali ardue, consimili a nebulose costellazioni dai bei nomi tranquilli, ellenici o armeni: compensi un’iperbole altra che mostra quanto ostia la luna. Ecco gli lasciava parecchio dipanare, torpide le ginocchia, tibie spronate, oltre sì gagliarda granguardia testo malcontento di sé or misero, quando trionfo, qui un’enfasi prevaricando realtà, il vieto comportabile fantasia. Poter cogliere tra l’infantile arruffio piccoli significati riposti, a mo’ di chi sa leggere i resti entro chicchera capovolta per scorgervi ci saranno viaggi, lievissime discrepanze, vincite. A ritroso era gorgo abisso perdentesi infra tenebre pure, che sol fa conoscere la discesa in qualche miniera, ove raggiunto personale livello smonti chi ha l’unica lanterna, allorché il rimasto sprofonda nell’invisibile gabbia pur grondante ognora assordandolo quel perpetuo uragano. Ausilio a decifrazione lente inferma, donde mutevoli evidenze per tremito, secondo oblique, o in vario distare: ne era dato cogliere giusto che fosse, vi sia mai, cose e idee continuo convertendosi.
Lievissime discrepanze
Crediti
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