Il linguaggio non comincia che con il vuoto
È necessario, affinché nasca il vero linguaggio, che la vita che questo linguaggio porterà abbia fatto l’esperienza del suo nulla, che abbia tremato nel profondo e che tutto ciò che in essa era fisso e stabile abbia vacillato. Il linguaggio non comincia che con il vuoto. Nessuna pienezza, nessuna certezza può parlare: a chi si esprime manca qualcosa d’essenziale. La negazione è legata al linguaggio. Questa formula spiega perché l’ideale della letteratura ha potuto essere questo: non dire nulla, parlare per non dire nulla. Non si tratta di fantasticherie su un nichilismo di lusso. Il linguaggio percepisce che deve il suo senso non a ciò che esiste, ma proprio all’indietreggiare davanti all’esistenza e subisce la necessità di ancorarsi a questo indietreggiare, di cogliere la negazione in sé stessa e di fare del nulla il tutto. Se di alcune cose se ne parla dicendo di esse ciò per cui sono nulla, ebbene, non dire nulla è la sola speranza per dire qualcosa.

Crediti
 Maurice Blanchot
 Da Kafka a Kafka
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Quotes per Maurice Blanchot

Orfeo ci ricorda che il parlare poeticamente come lo sparire appartengono alla profondità di uno stesso movimento: chi canta deve mettersi interamente in gioco, e, alla fine, perire, poiché egli parla solo quando l'approssimazione anticipata alla morte, la separazione anticipata, l'addio formulato in anticipo, cancellano in lui la falsa certezza d'essere, dissipano ogni sicurezza protettrice, lo consegnano ad una illimitata incertezza.

Mai la filosofia era parsa tanto fragile, più preziosa e più appassionante come nel momento in cui uno sbadiglio faceva svanire nella bocca di Bergson l'esistenza di Dio.

L'attesa attende. Attraverso l'attesa colui che attende muore attendendo. Porta l'attesa nella morte e sembra fare della morte l'attesa di ciò che si attende ancora quando si muore. La morte, considerata come un evento atteso, non è capace di mettere fine all'attesa.  L'attesa, l'oblio

Perché il mistero sta anche in questa duplice lettura simultanea di un evento che tuttavia non si colloca né nell'una né nell'altra delle due versioni.

L'uomo di mondo vive nelle sfumature, nei gradi, nel chiaroscuro, nel confuso incanto o nella mediocrità indecisa: il mezzo. L'uomo tragico vive nella estrema tensione fra i contrari, dal sí confuso assieme col no, risale al sí e ai no chiari e chiaramente mantenuti in opposizione. Non vede l'uomo come una passabile mescolanza di qualità mediocri e di dignitosi difetti, ma come un insostenibile incontro di estrema grandezza e di estrema miseria, come un incongruo nulla in cui i due infiniti si scontrano.  L'infinito intrattenimento