Si tratta tra il re e i consiglieri di ammassare tesori, consigliando uno che si aumenti il prezzo delle monete, dovendone dispensare, e che si abbassi poi nel riceverle; persuade altri che finga di far guerra, e raccolti i danari faccia con solenni cerimonie la pace, mostrando come pietoso principe di aver pietà dell’umano sangue. Alcuno revoca a memoria certe antiche leggi, contro le quali ognuno (perché non erano in uso) ha contraffatto, e asserisce che riscotendo le condannagioni di quelle, ne piglerebbe una buona somma, e parimente si mostrerebbe giusto principe. L’ammoniscono gli altri, che sotto gravi pene faccia nuovi statuti in cose che giovino al popolo, e poi dispensi con danari quei contra i quali va l’interdetto: cosi piglierà doppio frutto, e da quei che contravverranno, e vendendo ad altri molto cari i privilegi. Gli persuade alcuno che stringa i giudici a dispensare in ogni cosa a favore del dominio regale, e facciali venire a litigare innanzi a sé, perché così non vi sarà alcuno tanto stupido, che per aggradirsi al re non trovi qualche via di calunniare. Contendendo dunque i giudici in cosa chiarissima, si viene in dubbio della verità, e può il re a suo comodo interpretare la legge; gli altri o per vergogna o per timore staranno addietro, e così darassi arditamente la sentenza, quando che basta al re potersi mostrar giusto torcendo le leggi, ove gli pare, e ciò che più importa, vogliono i religiosi giudici che non si disputi la causa regale. Consentendo tutti nel detto di Cassio: che non basta ogni gran tesoro a quel principe che debba mantenere un esercito; e che non può il re far cosa ingiusta, ancorché ne fosse bramoso, perch’ egli è padrone del tutto, e tanto è proprio di ciascuno, quanto la sua benignità non gli leva; e che importa assai al principe, al quale appartiensi di difendere il popolo, studiare che quello non sia per delizie e libertà morbido; le quali scuse lo fanno ardito a non sopportare i duri e giusti imperj, ma la povertà lo fa paziente, e priva i nobili di ardire di ribellarsi. Or pensa ch’io levandomi persuada, che questi consigli sono al re disonesti e perniciosi, il cui onore o sicurezza consiste piuttosto nelle forze del popolo che nelle sue, e mostri gli uomini eleggere il re, acciocché con istudio e fatica di quello essi stiano comodamente e siano da ingiurie sicuri, perché è ufficio di principe portarsi verso i sudditi da pastore, il quale pasce le pecore, non sè stesso. Le contenzioni poi regnano più nei poveri, I quali specialmente studiano a cose nuove, e con speranza di guadagno sono arditi ad ogni impresa. Se fosse un re tanto da poco ed odiato dai suoi, che non potesse tenerli soggetti senza far loro ingiuria o impoverirli, fia meglio ch’egli rinunzi il regno, che tenerlo con tali arti, con le quali tiene la signoria, ma perde la maestà, e conviensi alla regal dignità, esercitar piuttosto la signoria negli uomini potenti, che sopra i poveri, come volle inferire Fabrizio dicendo, che voleva piuttosto signoreggiare ai ricchi che esser ricco. Ed in vero chiameremo piuttosto guardiano di prigione uno che voglia esser solo ricco ed impoverire gli altri, e fa come l’imperito medico, che non sa cacciare una malattia, senza introdurvene un’altra. Confessi di non sapere signoreggiare ad uomini liberi, o cacci da sé la dappocaggine e la superbia, le quali cose fanno sprezzare, ovvero odiare il principe.
Il principe di Niccolò Machiavelli
Un trattato politico che offre consigli su come un sovrano può acquisire e mantenere il potere, esplorando la realpolitik e suggerendo che il fine giustifica i mezzi per la stabilità dello stato.
Dei doveri di Marco Tullio Cicerone
Un’opera filosofico-politica che tratta i principi morali e le responsabilità etiche che dovrebbero guidare i comportamenti umani, particolarmente rilevanti per chi detiene il potere.
Utopia di Tommaso Moro
Un’opera che descrive una società ideale su un’isola immaginaria, criticando le istituzioni europee del tempo e proponendo un modello di governo basato su giustizia sociale ed equità.
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