Queste adunque sono le meno sincere voluttà, le quali ci avvengono solamente per medicare ai contrari dolori; perché col diletto di mangiare si accompagna la fame, e con legge non uguale. Perché il dolore tanto è più lungo, quanto è maggiore; e nascendo innanzi al piacere, non si estingue se non insieme col piacere. Stimano essi poco queste voluttà, se non quando la necessità li stringe di usarle. Nondimeno godono queste ancora, e ne ringraziano la natura madre, la quale adesca con soavità i suoi figliuoli a quello che era necessità che si facesse. Con quanto fastidio vivremmo, se avessimo a cacciar la fame e la sete con pozioni e veleni, siccome cacciamo le altre infermità? Ma abbracciano lietamente la bellezza, le forze e la destrezza, come doni giocondi e propri della natura. Gli altri sollazzi che per le orecchie, per gli occhi e per le nari passano all’anima, i quali sono propri dell’uomo (perché niuno animale considera la bellezza del mondo, né sente gli odori, se non quanto fa mestieri per discernere il cibo, né si diletta della varietà dei suoni) questi dico volentieri accettano. In tutti però tengono tale misura che il maggior sollazzo non sia dal minore impedito. Ma sprezzare la bellezza, diminuire le forze, mutare la destrezza in pigrizia, estenuare con digiuni il corpo, fare ingiuria alla sanità, e rifiutare gli altri sollazzi dalla natura a noi concessi, se non fosse per giovare alla repubblica, reputano una sciocchezza, e che questo nasca da un animo crudele e ingrato alla natura, i cui beneficj rifiuta, come sdegnandosi di essergliene debitore, e specialmente facendosi questo per una vana ombra di virtù, ovvero per sopportare con minor dispiacere le avversità, le quali forse non mai verranno. Questo è il loro parere circa la virtù e la voluttà; e se Dio non ne inspira ad essi un migliore, credono che non se ne trovi altro più saggio. Non mi occuperò a disputare della verità della loro opinione, perché non lo concede il tempo; ed io mi sono posto a narrare gl’istituti degli Utopiensi, non a difenderli. E siano questi decreti quali si vogliano, io tengo di certo che non si trovi più degno popolo, né repubblica più felice. Sono di corpo agile e vigoroso, e di maggior forze che non promette la loro statura, la quale però non è picciola. E quantunque il loro terreno sia mal fertile, e l’aria poco sana, tuttavia con temperato vivere si mantengono contro l’aria, e con l’industria vincono la terra di maniera, che in niun luogo vengono più copiosi ricolti, né animali meglio nodriti, ed i corpi umani più vivaci e meno alle infermità soggetti. Perciò non vedrai solamente fare da loro quelle opere, che fanno i lavoratori altrove per vincere la malignità del terreno. Anzi ivi si vede una selva cavata dalle radici ed un’altra piantata altrove; nel che non si è considerata la fertilità del terreno, ma il comodo di condurre i frutti, le legne o altre cose al mare o al fiume, ovvero alle città. Sono gli Utopiensi gente benigna e piacevole, che ama il riposo: e, quando fa mestieri, paziente della fatica, specialmente negli studj che ornano l’animo. Essi avendo da me inteso delle lettere e dottrina de’ Greci, perché delle cose latine altro non commendano, che le storie ed i poeti, si mostrarono molto bramosi ch’io di quelle lettere gli ammaestrassi. Così io cominciai a legger loro, piuttosto, acciò non credessero ch’io schivassi la fatica, che io ne sperassi frutto alcuno. Ma avendo letto alquanti giorni, la loro diligenza mi diede ardire che non sarebbe vana la mia sollecitudine.
Uomini, donne, bambini, vedove, orfani, genitori con prole, famiglie numerose ma non ricche – poiché l'agricoltura richiede la forza di molte braccia – sono costretti a lasciare le proprie case, senz'avere un posto in cui rifugiarsi, dopo avere svenduto per niente le loro povere cose. E dopo avere girovagato e speso tutto, che cosa resta loro da fare se non rubare – per poi essere, giustamente, s'intende, giustiziati – o darsi all'accattonaggio? A parte il fatto che anche per gli accattoni e per i vagabondi è previsto il carcere. Ed è inutile cercare lavoro, poiché non c'è più bisogno di loro. Utopia
Ciò che è beneficio per alcuni è venefico per altri. Non si può donare a Tizio senza derubare Caio.
[In Utopia] la parentela della natura tiene le veci di alleanza, e meglio e più saldamente si legano fra loro gli uomini con sentimenti amichevoli anziché con trattati, con lo spirito anziché con parole.
I ricchi sono spietati, malvagi e del tutto inutili alla società, mentre i poveri sono uomini semplici, dediti ad una quotidiana fatica ch'è di grande utilità per lo Stato. Molto più che per essi.
Se un re è talmente odiato e disprezzato dai suoi sudditi da non riuscire a dominarli se non riducendoli alla miseria attraverso la violenza, l'estorsione, la confisca d'ogni bene, allora è meglio che abdichi.
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