Posso dire che la mia vita è stata dominata dall’esperienza della noia. Un sentimento che conosco sin dall’infanzia. Non è la noia che si può combattere con le distrazioni, la conversazione o i piaceri, è una noia che si potrebbe definire fondamentale; e che consiste in questo: più o meno bruscamente, a casa propria o in casa d’altri, o davanti a un bellissimo paesaggio, tutto si svuota di contenuto o di senso. Il vuoto è in noi e fuori di noi. L’intero universo è annullato. E niente più ci interessa, niente merita la nostra attenzione. La noia è una vertigine, ma una vertigine tranquilla, monotona; è la rivelazione della futilità universale, è la certezza, spinta fino allo stupore o fino alla chiaroveggenza suprema, che non si può, non si deve fare niente né in questo mondo né in quell’altro, non esiste al mondo niente che possa servirci o soddisfarci. A causa di questa esperienza – non costante ma ricorrente, dato che la noia viene per accessi, ma dura molto più a lungo di una febbre – non ho mai potuto fare niente di serio nella vita. Per la verità, ho vissuto intensamente, ma senza mai potermi integrare all’esistenza. La mia marginalità non è fortuita, ma essenziale. Se Dio si annoiasse, rimarrebbe pur sempre Dio, un Dio, però, marginale. Ma lasciamo stare Dio. Da sempre il mio sogno è stato quello di essere inutile, e inutilizzabile. Ebbene, grazie alla noia ho realizzato quel sogno. Ma devo fare una precisazione: l’esperienza che ho descritto non è necessariamente deprimente, perché a volte è seguita da una esaltazione che trasforma il vuoto in un incendio, in un inferno desiderabile…
Ma lasciamo stare Dio
Crediti
Quotes per Emil Cioran
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