Il peso del legame materno: riflessioni esistenzialiMeleagro Una madre… nessuno conosce la mia. Nessuno sa cosa significhi saper la propria vita in mano a lei e sentirsi bruciare, e quegli occhi che fissano il fuoco. Perché, il giorno che nacqui, strappò il tizzone dalla fiamma e non lasciò che incenerissi? E dovevo crescere, diventare quel Meleagro, piangere, giocare, andare a caccia, veder l’inverno, veder le stagioni, essere uomo — ma saper l’altra cosa, portare nel cuore quel peso, spiarle in viso la mia sorte quotidiana. Qui è la pena. Non è nulla un nemico.
Ermete Siete stranezze, voi mortali. Vi stupite di ciò che sapete. Che un nemico non pesi, è evidente. Cosí come ognuno ha una madre. E perché dunque è inaccettabile saper la propria vita in mano a lei?
Meleagro Noi cacciatori, Ermete, abbiamo un patto. Quando saliamo la montagna ci aiutiamo a vicenda — ciascuno ha in pugno la vita dell’altro, ma non si tradisce il compagno.
Ermete O sciocco, non si tradisce che il compagno… Ma non è questo. Sempre la vostra vita è nel tizzone, e la madre vi ha strappati dal fuoco, e voi vivete mezzo riarsi. E la passione che vi finisce è ancora quella della madre. Che altro siete se non carne e sangue suoi?

Crediti
 Cesare Pavese
 Dialoghi con Leucò
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