Benché il fascismo avesse distrutto, dalla primavera del 1920 a quella del 1922, tutte le leghe contadine e le cooperative socialiste della Valle del Po, esso non rischiò di morire d’inedia perché le grandi masse di salariati agricoli annessi di forza nei sindacati fascisti continuavano ad agitarsi a causa della disoccupazione. C’era solo di cambiato, che mentre i socialisti avevano sempre orientato quel malcontento contro gli agrari, i fascisti lo deviarono contro lo stato. È rimasta tra l’altro memorabile una marcia su Bologna, nell’aprile del 1922, di quarantacinquemila disoccupati della provincia, capeggiati dal fascista Italo Balbo. Malgrado dunque gli stretti legami che correvano tra il fascismo, le classi possidenti e l’apparato statale, il fascismo non si pose alcun freno nell’alimentare il disordine del paese, attizzando i risentimenti di ogni classe contro l’altra e di tutte assieme contro le istituzioni democratiche.
Malgrado gli stretti legami che correvano tra il fascismo
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