Mancano le doti per trovare la cruna
Ma è poi certo che chi si nasconde non voglia esser trovato? O forse vuole istituire una condizione così ardua che solo qualcuno che lui ha, bizzarramente, in mente, possa rintracciarlo, un setaccio che escluda tutti, meno – chi? Diciamo, qualcuno che sia connaturale alle tenebre e all’assenza di luogo. Ma se costui non giunge, che vorrà mai dire? Che non si cura del nascondiglio e di chi vi si cela, o semplicemente che gli sembra solo una indiscrezione, questo ammiccare dal nulla, o un lezio, questo avvolgersi civettuolo, malizioso nel sudario dell’inesistenza? E allora, che farà il nascosto? Certo lo prenderà una sorta di avvilimento, e starà fermo, imbronciato, o farà segnali fiochi, garbati, per nulla asseverativi; e se nessuno, e meno che mai colui che egli aveva in mente, si farà avanti, verrà forse preso da una noia bizzosa, e comincerà a gettar via quelle fasce che nessuno gli alza di dosso per vedere che volto abbia quel niente che vi si acquatta sotto, e poi magari a cercare lui stesso, e forse a voler uscire dal nascondiglio…Ma forse costui si è messo in una posizione falsa, gli manca l’astuzia, si è sopravvalutato, è stato molesto e ambizioso, e come volete che non lo sappia? E allora l’astuzia gli verrà meno, si muoverà goffamente, chi remeggerà piani senza esito, e fallirà nuovamente, e non potrà non capire che gli mancano le doti per trovare la cruna, che non c’è davvero da sperare che qualcuno gli dia una mano – poiché si è nascosto, resterà nascosto, né la sua assenza provocherà curiosità alcuna o stupore, o allarme. E se un giorno, senza nessun piano, per caso, gli toccherà una cruna, è del tutto probabile che lo sgomento dell’evento, il riaffiorare dei qui e delle voci e delle mani lo spingano a nascondersi nuovamente, giacché altro non sa fare.

Crediti
 Giorgio Manganelli
 Agli dèi ulteriori
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Quotes per Giorgio Manganelli

Non abbiamo mai conosciuto dinosauri, ma senza di loro saremmo diversi. Non riusciamo a stare mai a lungo senza parlare dei nostri sconosciuti amici. Oziamo al caffè, leggiamo libri futili, ci interroghiamo sull'aldilà, andiamo a votare, ascoltiamo Brahms; poi, d'un tratto, l'antica tarantola ci morde: che ne è dei dinosauri?

Puoi cavare le viscere a tua sorella, puoi limare il cranio d'una bambina fino a fare spiccinare il cervello, puoi cuocere il tuo migliore amico, cavare le unghie i denti gli occhi il fegato di tuo padre, puoi giacere – se ci riesci – con tutte le tue consanguinee e nemmeno la scriminatura si muoverà a quel lucido, correttissimo, urbanissimo niente che è Iddio.  Ti ucciderò mia capitale

Ogni teologia è della notte, o di che altro?

Tutti siamo tenuti ad usare parole, ma di rado, o forse mai, ci capita di assistere allo sbriciolamento delle parole nelle sillabe e nelle lettere, al loro perdere di consistenza, l'abbandonarsi alla loro condizione ambigua, metamorfica, polifonica. Penso a Lewis Carroll, a quest'uomo che non avrebbe mai scritto il mirabile Alice se non avesse avuto il difficile privilegio di assistere alla catastrofe delle parole.  Il rumore sottile della prosa

[La letteratura] è indifferente all'uomo. Mantiene i contatti con lui solo nella misura in cui costui cessa di essere umano.