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Merce inesitata

Io mi divido in giacca e calzoni e cintura
e ancora mi disgiungo in cravatta e camicia
e mi scindo in cranio, in polmoni, in visceri,
e pube, e mi distinguo in ogni cellula che
senz’ amore s’accosta ad altra cellula.

Così, casualmente, sussisto: poi chiedo in
prestito la forza che congiunge l’uno all’altro
i miei volti possibili all’improvviso sacramento
d’una chitarra, al riso dell’amico, allo squillo
consueto del telefono, nell’attesa distratta
d’una voce che perdoni la mia spalla, la mia
gamba, la mia dolce cravatta: nell’oziosa
attesa del sacramento della nascita.

Conosco la pace del pensoso dinosauro,
la coerenza delle zanne della tigre: dove
non c’erano parole dove non ci sono
parole, nel centro del centro del centro
delle cose sorde, vitali, sanguinose, dove
si enumerano stomaco, unghie, genitali,
intestini lunghissimi, zampe, e le lacrime
sono lacrime per sangue che esce da
carne lacerata, per l’orrore forte della

morte, dove si redigono cataloghi di
urli, di minacce, di carne, del male
carnale solamente dove non c’è amore
né lussuria, ma la voglia gagliarda della
vita, il centro dell’inguine che matura
insensato nelle cose.

Abbiamo tutta una vita da NON vivere insieme.

Sugli scaffali di Dio s’impolverano i gesti
possibili: le mosche cherubiche insozzano
le nostre carezze; stanno appollaiati come
gufi i sentimenti impagliati. Merce inesitata
– griderà l’angelo d’ottone – dieci casse di vite,
di possibili. E avremo anche una morte da
morire: una morte casuale, innecessaria,
distratta, senza te.

Io non ho prova della mia esistenza
se non per questo dolore continuo
dell’orecchio, una lettera d’amico,
il gusto denso della birra contro le gengive.
Fuori dal sigillo della paura ininterrotta
non ho altro indizio della mia continuità.


Crediti
 Giorgio Manganelli
 Poesie
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