Nude Seen from behind
Cari ragazzi, negli ultimi mesi ho passato moltissimo tempo con Bubbe, quindi l’avevo spesso in mente mentre scrivevo questo libro. In qualche modo aveva senso, visti i temi: la sopravvivenza, la responsabilità generazionale, fine e inizio. Ma ho anche smesso di preoccuparmi che avesse senso. C’è una frase ricorrente nel primo messaggio di suicidio: «A chi parlerò oggi?» È una domanda che s’inserisce nella discussione dell’autore con sé stesso, come se la risposta potesse risolvere la disputa. Questo non è un messaggio di suicidio – è l’esatto contrario – ma mentre lo scrivevo, mi ritornava quello stesso refrain: A chi parlerò oggi? Ho cominciato questo libro con il desiderio di convincere degli sconosciuti a fare qualcosa. E pur continuando a sperare di riuscirci, ora che mi avvicino alla fine mi ritrovo a volermi rivolgere soltanto a voi.
Stavo per prendere un treno per Washington per andare da Bubbe stamattina, poi però ho deciso di aspettare il fine settimana, per potervi portare con me. Vostra nonna mi ha chiamato poco dopo che ero rientrato a casa dopo avervi accompagnato a scuola e mi ha detto che Bubbe è appena mancata.
Sono andato dritto alla Penn Station, ho dormito durante il viaggio sull’Amtrak e sono arrivato a casa dei nonni all’ora di pranzo.
Adesso sono in camera di Bubbe. Le onoranze funebri arriveranno a prendere il suo corpo solo fra un paio d’ore. Sono seduto accanto al suo letto. Julian e Jeremy sono stati qui per un po’. Anche Judy.
La nonna e il nonno sono andati e venuti. Adesso sono rimasto solo io.
È stranissimo non vedere il lenzuolo che la copre alzarsi e abbassarsi. Continuo a cercare il movimento, ad aspettarlo, e continua a non succedere. Eppure la stanza continua a sembrare piena della sua vita come sempre. Non è necessario che sia il suo cuore a battere la pulsazione per lei.
Il vostro bisnonno, il marito di Bubbe, si suicidò pochi anni dopo che erano immigrati in America dall’Europa. Non sono sicuro che lo sapeste – o che sapeste di saperlo. È una di quelle cose di cui si va sempre avanti a non parlare. Era sopravvissuto all’Olocausto, ma non riuscì a sopravvivere alla propria sopravvivenza. Morì ventitré anni prima che io nascessi e, fino a non molto tempo fa, tutto quello che sapevo di lui si condensava nelle storie che mi aveva raccontato la nonna – la maggior parte delle quali dimostravano quanto fosse furbo e pieno di risorse. Ho saputo del suo suicidio dopo i trent’anni. L’ho dovuto capire da solo. Negli ultimi anni, la nonna è stata meno riservata sull’argomento. Di recente, mi ha mostrato alcuni frammenti di carta che aveva in tasca quando morì – i pezzi di un biglietto di suicidio. Il primo comincia così: «La mia Etele è la moglie migliore del mondo».
Non è strano che un messaggio d’addio possa cominciare come un biglietto di San Valentino? Albert Camus ha scritto: «Ciò che si chiama ragione per vivere è allo stesso tempo un’eccellente ragione per morire». Il vostro bisnonno amava moltissimo la sua famiglia. Tristezza e gioia non sono l’una l’opposto dell’altra. Sono entrambe l’opposto dell’indifferenza.
Forse un giorno vi mostrerò i biglietti che la nonna ha mostrato a me. Non costituivano un unico testo, non erano indirizzati a nessuno, non erano una spiegazione. Li ho definiti un biglietto di suicidio, ma in realtà come andrebbe definito un messaggio del genere? Quindici anni dopo che il vostro bisnonno si era tolto la vita, Neil Armstrong atterrò sulla Luna. La nonna lo guardò in televisione insieme a Bubbe. Non vorreste essere stati vivi per vederlo succedere? Vi capita mai di pensare a tutte le cose passate che non eravate vivi per vedere o a tutte le cose future che non sarete vivi per vedere? Vi ho appena immaginato leggere queste parole quando io non sarò più vivo.
Mentre Armstrong si preparava per la sua missione, l’incaricato dei discorsi presidenziali preparò a Nixon alcune dichiarazioni nel caso gli astronauti fossero rimasti bloccati sulla Luna. Ecco come comincia quel discorso, intitolato In caso di disastro lunare: Il destino ha decretato che gli uomini partiti per la Luna per esplorarla in pace rimangano sulla Luna a riposare in pace. Quegli uomini coraggiosi, Neil Armstrong e Edwin Aldrin, sanno che non c’è speranza di recuperarli. Ma sanno anche che nel loro sacrificio c’è una speranza per il genere umano. Questi due uomini stanno dando le loro vite per il più nobile scopo del genere umano: la ricerca della verità e della conoscenza.
Se ci pensate, che differenza c’è tra un astronauta bloccato sulla Luna e una persona che vive sulla Terra? Potremmo dire che sono entrambi bloccati. E per nessuno dei due esiste una qualsivoglia «speranza di recuperarli», nel senso che ogni vivo dovrà morire. Potremmo persino dire che «nel loro sacrificio c’è una speranza per il genere umano», se crediamo che quasi tutti passino la vita a contribuire alla creazione del mondo, più che alla sua distruzione. La differenza tra le due condizioni è che, tra questo momento e la nostra morte, solo chi di noi ha la fortuna di essere bloccato sulla Terra può sentirsi a casa.
Quando la nonna e Bubbe guardarono l’allunaggio, sentirono Armstrong dire la frase probabilmente più famosa della storia umana: «Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità». Aveva intenzione di dire: «Un piccolo passo per un uomo», ma in quel momento travolgente la frase si trasformò. Forse la cambiò inconsciamente perché sapeva di non essere solo, di non essere un termine a sé stante. Probabilmente no.
Aveva intenzione di riferirsi al singolo passo di un individuo, ma così era diventato un piccolo passo per il genere umano: «Un piccolo passo per l’umanità, un grande passo per l’umanità».

Crediti
 Jonathan Safran Foer
 Possiamo salvare il mondo prima di cena
  traduzione di Irene Abigail Piccinini
 SchieleArt •  Nude Seen from behind • 1913




Quotes per Jonathan Safran Foer

Ridemmo insieme e da soli, a squarciagola e in silenzio, eravamo decisi a ignorare qualunque cosa andasse ignorata, decisi a costruire un nuovo mondo dal nulla, se nulla si poteva salvare del nostro mondo. Fu uno dei giorni più belli della mia vita, un giorno in cui vissi la mia vita e non pensai affatto alla mia vita.

Quando mi chiedono come sto, mi ritrovo a dire: È una fase di passaggio. Tutto è transizione, turbolenza verso la destinazione. Ma lo dico da così tanto tempo che probabilmente dovrei accettare che il resto della mia vita sarà un lungo passaggio: una clessidra senza i bulbi. Solo la strettoia.