Nelle alternative della guerra sociale
Nella nostra Europa vi sono più di cinque milioni di uomini che non aspettano che un segnale, per scagliarsi su altri uomini, ucciderli, bruciarne le case e i raccolti. E ci sono altri dieci milioni della riserva, fuori delle caserme, pronti anche essi ad essere chiamati a compiere la stessa opera di distruzione.

Cinque milioni e più di sventurati vivono, o meglio vegetano, nelle prigioni, condannati a pene diverse: ogni anno muoiono in media dieci milioni di uomini di morte anticipata; e su trecentosettanta milioni di viventi, trecentocinquanta, per non dir tutti, fremono nell’ansia giustificata di un incerto domani. Chi può essere sicuro, malgrado la immensità delle ricchezze sociali, che un improvviso rovescio di fortune non possa mai gettarlo nella miseria?

Questi sono fatti che nessuno può contestare e che dovrebbero, mi sembra, ispirare a tutti la ferma risoluzione di cambiare uno stato di cose divenuto insopportabile.

Ebbi un giorno occasione di parlare con un alto funzionario, portato dalle necessità della vita nel mondo di coloro che fabbricano leggi e dettano pene: «Ma difendete dunque — io gli dissi — la vostra società!» «Come volete che la difenda — mi rispose — se la sua è una causa insostenibile?».

Nonostante, la società presente si difende lo stesso; ma con argomenti che non sono ragioni: col bastone, il carcere ed il patibolo……

D’altra parte coloro che lo attaccano possono farlo in tutta la intera e completa serenità della propria coscienza.

Certo, il movimento di trasformazione porterà con sé inevitabilmente violenze e rivoluzioni; ma la società attuale è forse qualche cosa di diverso da una organizzazione di continue violenze e di rivoluzione permanente? E nelle alternative della guerra sociale, quali saranno i responsabili? Coloro che proclamano un’era di giustizia e di uguaglianza per tutti, senza distinzione di classi o di individui — o gli altri che vogliono mantenere le separazioni e per conseguenza gli odi di casta e di classe, coloro che aggiungono leggi repressive, e non sanno risolvere le questioni che con la fanteria, la cavalleria e l’artiglieria!?

La storia ci permette di affermare con la massima certezza che una politica di odio non può generare che odio, che aggravare fatalmente la situazione generale, e trascinarci ad una rovina definitiva. Quante nazioni sono perite cosi, oppressori insieme ed oppressi! Vorremo dunque, alla nostra volta, perire anche noi?

Crediti
 Élisée Reclus
 L'Anarchia
 SchieleArt •   • 




Quotes per Elisée Reclus

La struttura gerarchica del sistema educativo non insegna a cooperare, ma a competere, e questo al fine di far raggiungere un vantaggio personale. Un popolo solidale non saprebbe cosa farsene delle autorità e delle loro leggi, saprebbe autogestirsi, perciò il mutuo appoggio viene reso impossibile da questo tipo di struttura gerarchica che è stata integrata nel nostro sistema culturale.

Anarchia è la vita senza padroni, per l'individuo come per la società; è l'accordo sociale derivante non dall'autorità e dall'obbedienza, dalle leggi e dalle sanzioni penali, ma dalla libera associazione degli individui e dei gruppi, conforme ai bisogni di ciascuno e di tutti.