Quando nasciamo, letteralmente veniamo al mondo, che incominciamo a vedere quando apriamo gli occhi, senza capire nulla di dove siamo capitati. C’è però una madre che fa da mediatrice tra noi e le cose del mondo. E siccome queste cose non sappiamo che cosa sono né che cosa significano, la sola relazione oggettuale, come dicono gli psicoanalisti, si instaura con quell’unico oggetto che percepiamo fuori di noi, che è la madre. Può rispondere ai nostri bisogni più o meno sollecitamente, può gratificarci con i suoi baci, i suoi abbracci, le sue carezze, può rassicurarci quando il mondo si fa buio perché viene la notte ad animare tutte le ombre, può attutire le nostre angosce, così come può rispondere ai nostri sorrisi, che ci capita di fare senza sapere davvero perché. Se questa relazione va abbastanza bene e le risposte della madre sono positive, prende corpo la relazione oggettuale, ossia la capacità di investire su un oggetto (la madre) che è fuori di noi. Ma se la relazione non va bene, se gli investimenti che il bambino fa sulla madre non ricevono risposte adeguate, o comunque non sono gratificanti, il bambino può incamminarsi sui sentieri della depressione, oppure può salvarsi dalla depressione investendo non più sull’oggetto esterno (la madre), ma su di sé.
Dalla nevrosi narcisistica dovuta, come ci insegna Freud, a un arresto dello sviluppo psichico, alla sempre più diffusa cultura del narcisismo.
Qui è la prima radice della personalità narcisistica: si creano i presupposti per cui il bambino prende a investire esclusivamente su di sé e ad amare unicamente sé. Fin qui quanto ci insegna la psicoanalisi circa l’origine del narcisismo, dove l’amore per sé prevale nettamente sull’amore per gli altri, di cui il narcisista ha un assoluto bisogno ma solo per essere gratificato dai loro applausi (al posto delle mancate gratificazioni materne), senza i quali non si sente letteralmente al mondo. Per questo fa di tutto per ottenerli, riuscendo anche a essere bello, interessante, creativo, pieno di iniziative che affascinano le donne, le quali si innamorano perdutamente dei narcisisti, fino ad assaporare ogni giorno la tristezza di amare uno che non sa amare. Una tristezza che le donne sopportano, sostenute dalla convinzione che, prima o poi, riusciranno con il loro amore a cambiare i narcisisti. Da dove viene questa convinzione, destinata inesorabilmente a naufragare? Io penso che abbia radici in quel vissuto di onnipotenza presente in ogni donna – forse derivato dal fatto che, in quanto generatrice, ha il potere di vita e di morte – per cui è disposta a subire ogni sorta di frustrazione e delusione, non solo quando ama i narcisisti che non sanno restituire neppure una briciola d’amore, ma anche quando ama i violenti, subendo ogni sorta di brutalità, maltrattamento, abuso, sopraffazione. In questo modo, le donne dimenticano di poter generare i bambini, ma non di ri-generare gli adulti, ormai solidificati, per non dire pietrificati nella loro identità. Naturalmente l’idea di riuscire a cambiare le cose costituisce per la donna, a sua volta, una gratificazione narcisistica. Ma siccome il tentativo non approda ad alcun risultato, meglio rinunciare a quel vissuto di onnipotenza che la follia d’amore alimenta, lasciando però il narcisista, che non sa amare, nella più assoluta indifferenza.
Ma oltre alla nevrosi narcisistica dovuta, come ci insegna Freud, a un arresto dello sviluppo psichico, oggi va sempre più diffondendosi una cultura del narcisismo, in cui viene a trovarsi ogni individuo cui è stato sottratto ogni orizzonte di senso che trascenda i limiti del proprio Io. Questa cultura soggettivistica, che ha le sue antiche radici nel cristianesimo, a cui si deve l’aver posto in primo piano l’individuo e la sua sorte ultraterrena, oggi si è diffusa in modo esasperato nella nostra età, governata dalla razionalità della tecnica. Al suo interno, i rapporti personali sono regolati dai ruoli e dalle funzioni, al punto che al singolo individuo non resta, per la propria autorealizzazione, che lo spazio ridotto del privato, in quella frammentazione che porta ciascuno a vedere sé stesso in termini sempre più atomistici. Non solo: si diventa sempre più impermeabili alle richieste della natura, sia quella dentro sia quella fuori di sé, dopo avere perso quegli orizzonti di senso che la cultura dell’età pre-tecnologica aveva indicato nel rapporto dell’uomo col mondo (cosmologia), con gli altri (sociologia), con sé stessi (psicologia). In un contesto di questo genere, dove l’identità è messa tra parentesi dall’idoneità e funzionalità all’apparato lavorativo, dove a renderci riconoscibili non è più il nome ma il ruolo e la funzione, l’unico spazio libero per trovare sé stessi è l’amore. Ma se l’amore viene subordinato all’affermazione di sé, è ovvio che ciascuno cerchi, nell’altro di cui si innamora, il proprio Io. Quindi non tanto il piacere della relazione, quanto la gratificazione dell’autorealizzazione. È evidente che individualismo ed egoismo, generati da questa cultura del narcisismo, sono in agguato, anche se ben nascosti e tacitati. La cultura del narcisismo, che impedisce di uscire dall’orizzonte ristretto del proprio Io, genera la cultura del relativismo, per cui ciascuno decide da sé in che cosa consiste l’autorealizzazione, senza che nessuno debba o possa interferire nella scelta. A giustificazione di questo comportamento, la cultura del relativismo indossa i nobili panni della libertà, intesa non più come la scelta di una linea d’azione, ma come la scelta di mantenersi aperta la libertà di scegliere, quindi la revocabilità di tutte le scelte. Ma se ogni scelta è revocabile, la parola scelta non ha più significato, perché non possiamo considerare davvero tale una decisione che non comporta alcuna conseguenza di rilievo, con non trascurabili effetti anche sulla nostra identità che, in questo regime, può essere indossata e poi tolta come un abito. Questo concetto di libertà, generato dalla cultura del narcisismo, raggiunge il massimo del degrado quando giustifica le scelte sulla base dell’affermazione: «Ma io sono fatto così», oppure: «Ma io sento così». Quando si assume il proprio sentire come criterio di scelta, si regredisce al livello infantile, regolato, come ci spiega Freud, dal principio di piacere e non dal principio di realtà, come invece ci si attenderebbe da un adulto. Allora si innesca quella condotta edonistica che tende all’autorealizzazione, senza tenere assolutamente conto dell’appartenenza di ogni individuo a quel più ampio sistema sociale nel quale «ma io sento così» deve misurarsi con quello che sentono gli altri. E degli altri il narcisista ha un estremo bisogno, se non altro per gli applausi e i riconoscimenti di cui è incessantemente alla ricerca, come un assetato lo è dell’acqua.
La gioia silenziosa del dono ⋯
Si prova piacere incontrando lo sguardo di qualcuno a cui si è appena fatto un dono.
Jean de La Bruyère I caratteri
Moralista francese, Riflessione psicologica, Saggio moraleCiò che sembra un male è un atavismo del bene ⋯
Ciò che sembra un male a un'epoca, è solitamente un contraccolpo inattuale di ciò che un tempo fu sentito come buono, - l'atavismo di un antico ideale.
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L'animo umano è sempre ingannato nelle sue speranze, e sempre ingannabile: sempre deluso dalla speranza medesima, e sempre capace di esserlo: aperto non solo, ma posseduto dalla speranza nell'atto stesso dell'ultima disperazione.
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Romanticismo, Psicologia del desiderio, ZibaldoneL'invisibile essenziale ⋯
Non si vede bene che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi.
Antoine de Saint-Exupéry Il piccolo principe
Letteratura per l'infanzia, Favola, FilosofiaLa storia come conquista della libertà ⋯
Gli uomini e le donne, se sanno cogliere il piccolo dono di libertà, di libero arbitrio e di volontà efficace che la natura umana e la storia concedono loro, possono servirsene per cambiare il mondo e la società, faticosamente, attraverso alti e bassi, balzi in avanti e arretramenti, senza che niente sia definitivamente dato per scontato. La storia può essere, deve essere libertà.
Jacques Le Goff La storia è possibile
Storiografia, Medievistica, Saggio
Il disagio della civiltà di Sigmund Freud
Un’opera fondamentale in cui Freud esplora il conflitto tra gli impulsi umani e le restrizioni imposte dalla società, toccando temi come il narcisismo e l’instabilità dell’identità individuale.
La società del narcisismo di Christopher Lasch
Un’analisi critica della cultura occidentale moderna, caratterizzata dall’individualismo estremo e dal declino delle relazioni sociali autentiche, con una forte enfasi sul narcisismo.
Amore liquido di Zygmunt Bauman
Un saggio che esamina le fragili relazioni amorose nella società moderna, dove l’instabilità e il narcisismo impediscono la costruzione di legami duraturi.
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