Per fare questo, Nietzsche, quando gli viene chiesto cosè la filosofia, è un’arte o una scienza? e si risponde:
Si tratta di un’arte nei suoi obiettivi e dei prodotti. Ma i suoi mezzi di espressione, l’esposizione attraverso i concetti, è qualcosa che ha in comune con la scienza. Si tratta di una forma di poesia. Impossibile da classificarla. Avremo bisogno di inventare e caratterizzare una nuova categoria.
Nietzsche, in diversi passi delle sue opere, ma soprattutto nel suo piccolo scritto sulla verità e la menzogna nel senso extra-morale (che è stato rilasciato postumo nel 1903), chiarisce sempre più che la fonte originale del linguaggio e della conoscenza non si trova nella logica, ma nella fantasia. Nella capacità di radicale e innovativa della mente umana per creare metafore:
Cos’è allora la verità? Una serie di metafore, metonimie, antropomorfismi, insomma, una somma di relazioni umane che sono state migliorate, estrapolate e impreziositi poeticamente e retoricamente dopo un uso prolungato, una popolo considera ferme, canoniche e vincolanti. Le verità sono illusioni di cui si sono dimenticati ciò che sono; metafore che sono diventati logore e senza forza sensibile, monete, che hanno perso il loro taglio e non sono ora considerate monete, ma metallo.
Queste supposizioni danno la chiave per la risposta di Nietzsche alla domanda per l’impulso alla verità. L’uomo è un animale sociale ed ha acquisito il compromesso morale di mentire gregariamente, ma con il tempo e con il suo uso inveterato si dimentica […] della sua situazione […] e si trova quindi a mentire inconsciamente e in virtù di abitudini secolari e proprio in virtù di questa incoscienza […] di questa dimenticanza, acquisisce il sentimento di verità. Mentire ha smesso di essere qualcosa che appartiene alla morale e convertendosi in deviazione cosciente della realtà che si trova nel mito, nell’arte e nella metafora. Mentire nel terreno dell’estetica, è semplicemente lo stimolo cosciente e intenzionale dell’illusione: La nostra grandezza risiede nella suprema illusione, perché è lì che diventiamo creatori…. Conoscere è semplicemente lavorare con la propria metafora preferita. La costruzione di metafore e interpretazioni è l’istinto fondamentale dell’uomo.
Da qui il posto centrale che nel lavoro di Nietzsche occupa lo studio delle interpretazioni. Quello che in primo luogo troviamo, ciò che prendiamo come realtà, sono interpretazioni, molte di loro ricevute per socializzazione; ci scontriamo con esse, le troviamo già come qualcosa che ricopre la realtà e sembra che sia la realtà stessa; la sua inevitabile corteccia interpretativa. La storia, da questo punto di vista, appare come l’Organon de la rimozione delle interpretazioni, del loro ritorno alla realtà che soggiace. Non si tratta di distruggere le interpretazioni, ma di riconoscerle come tali, di vederle nascere e originarsi, e distinguerle dalla realtà da cui sono interpretazioni. Ma bisogna aggiungere qualcosa d’importante: ciò che noi chiamiamo percezione è condizionato dalle proprie interpretazioni; non c’è mai uno specifico funzionamento dell’apparato percettivo umano, ma che opera lungo un sistema di interpretazioni – un fattore chiave quando si tratta di affrontare i problemi relativi allo stato cognitivo di opere d’arte astratta e figurativa – al momento di discutere sulla possibilità di un a priori percettivo.
Perché oggi si assiste ad un folle essere umano, dalla mente alcolizzata, in preda ad un cieco e cupo vaneggiamento della coscienza, ed in balia di una sorta di sbronza psichica (perché questo è esattamente quello che sta avvenendo oggi nel cuore dell'umanità) a causa della quale l'individuo, vedendoci doppio , combatte, odia, incrimina, discrimina, sottomette, ammorba, distrugge, litiga e se la prende sempre con un Altro.
Vittorio MarchiLa visione che ha finito per dominare nella tradizione occidentale è quella della creatio ex nihilo, cioè di un gesto sovrano da cui tutto parte. La tradizione indiana si colloca all'opposto: c'è una pienezza che precede il mondo - ed è tutto ciò che già esiste, in uno stato di latenza, in Prajapati. Il mondo è il risultato del rompersi di questa pienezza e comincia a vivere nel momento in cui dilagano le acque che gli scorrono dentro.
Roberto CalassoRimase in piedi davanti allo strappo, con lo sguardo perduto nell'abisso dell'ignoto, nella palude stigia che si estendeva dall'altra parte. I suoi occhi rifiutarono di chiudersi e non gridò. Ma le creature, orrende e abominevoli, gridarono per lui nel momento in cui le vide avvicinarsi, e uscire a frotte da quel pozzo nero di tenebre, col bagliore delle ossa consumate da tanti secoli di maledizione.
John Carpenter Il seme della folliaSolo questo taglio della catena significante verifica la struttura del soggetto come discontinuità nel reale. Se la linguistica propone che si veda nel significante il determinante del significato, l'analisi rivela la verità di questo rapporto con il fare dei buchi del senso i determinanti del suo discorso.
Jacques Lacan Sovversione del soggettoLa metafisica, forse più di qualsiasi altra scienza, è stata posta in noi dalla natura stessa, secondo i suoi propri principi, e non può affatto essere considerata il prodotto di una scelta arbitraria o di una casuale estensione nel progresso delle esperienze.
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