Ho cercato di tradurre un frammento ma mi sono molto annoiato. Non ho mai amato questo poema che mi è sempre apparso di un infantilismo artefatto… Non amo i poemi o i linguaggi di superficie che sanno di svago gioioso e di successo intellettuale, e, questo, si basava sull’ano senza però metterci anima o cuore. L’ano è sempre terrore, e io non ammetto che si perda un escremento senza uno strappo in cui si perde anche l’anima, e in Jabberwocky l’anima non è nemmeno presente… È possibile inventare la propria lingua e far parlare la lingua pura con un senso extra-grammaticale ma è necessario che tale senso sia valido in sé, vale a dire che derivi dall’angoscia… Jabberwocky è opera di uno sfruttamento che ha voluto nutrirsi intellettualmente, sazio di un pasto ben servito, che si nutre del dolore altrui… Quando si smuove la cacca dell’essere e del suo linguaggio, il poema deve puzzare, mentre Jabberwocky è un poema che il suo autore si è ben guardato dal mantenere nell’essere uterino della sofferenza in cui ogni grande poeta si è immerso e in cui, distendendosi, ne riporta il cattivo odore. Vi sono in Jabberwocky passi di fecalità, ma si tratta della fecalità di uno snob inglese in cui l’osceno si arriccia come i riccioli col ferro caldo… è l’opera di un uomo che mangiava bene, e tutto ciò si sente nel suo scritto… […]
Non ho fatto la traduzione di Jabberwocky
Crediti
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