Non l'ho nominato, solo enumerato
Lui è chi ha cantato Cristo in croce e ha dato i dieci comandamenti al commento di Tito, uno dei ladroni appesi.
Lui ha messo in musica un prigioniero che non voleva respirare la stessa aria dei secondini.
Lui cantava con voce di pozzo l’amore dei giorni perduti a rincorrere il vento.
Lui è chi ha tradotto Leonard Cohen, Georges Brassens, Bob Dylan in quell’impossibile, perfetta versione di Avventura a Durango, capolavoro di trasferimento da una lingua a un’altra.
Lui è chi ha scritto che a morire di maggio ci vuole troppo coraggio, ha dato musica alla cattiva strada, ha squagliato la cioccolata dei dialetti, il genovese, il sardo, il napoletano dentro le ballate.
Lui è chi è stato legato a un palo dell’Hotel Supramonte dove ha visto la neve sopra un corpo di donna amato, addolcito di fame e ha ascoltato i racconti dei banditi e ha conosciuto una loro cura che nessun detenuto di questo Paese ha provato.
Lui è chi ha perdonato con gratitudine.
Lui è chi ha visto al collo di Teresa una lametta vecchia di cent’anni, lui sa che il dolore di Franziska taglia più di un coltello di Spagna. E sa il bosco dove Sally arrivò con il tamburello e sa il bisturi che corregge il sesso di Princesa, e la ragazza che si versa un cucchiaio di mimosa nell’imbuto di un polsino slacciato.
Lui è chi ha dato cantico ai drogati perché chiedessero: e chi, chi sarà mai / il buttafuori del sole / chi lo spinge ogni giorno / sulla scena alla prime ore.
Lui è chi ha suonato i pensieri dei suicidi, il nasone di Carlo Martello, le fregole di un vecchio professore e la più concreta offerta di un paradiso, in vendita a via del Campo.
Lui è chi ha messo un giudice nelle mani esageratamente affettuose di un gorilla e ha lasciato che un pescatore sfamasse un assassino, e tacesse ai carabinieri.
Lui è chi cantò le lapidi di Spoon River dove Jones il suonatore mai rivolse pensiero al denaro, all’amore, al cielo.
Lui è chi ha voluto bene ai cuccioli del maggio che poi avrebbero azzannato i garretti dei potenti e avrebbero stabilito il record di carcere di una generazione italiana. Invano avvertiva gli altri: per quanto voi vi crediate assolti / siete lo stesso coinvolti. Invano, perché gli altri si sono sempre assolti, da soli e definitivamente. Coinvolti restano solo lui, i caduti e i prigionieri senza fine. Sì, è stato il più grande, non solo per iscritto e in canto, ma per carattere, per dirittura d’urto contro la macchina luccicante di successo e carriera.
Lui solfeggiava con gli sconfitti, sbriciolava il loro pane ai passeri.
Dopo di lui la specie dei selvatici si è estinta. C’è il gran bazar degli ammansiti.
Non l’ho nominato, solo enumerato. Chi ha bisogno di guardare il suo nome, ha perso tempo a leggere fin qua.

Crediti
 Erri De Luca
 Pinterest • Irina Silvia Szekely  • 




Quotes per Erri De Luca

Napoli è una città che brulica di vita e di storia, ha avuto un passato grandioso e ha energie non solo per partecipare a un futuro, ma anche per precederlo.

La libertà uno se la deve guadagnare e difendere. La felicità no, quella è un regalo.

Si affidano le sorti di una nazione a dei banchieri. L'economia diventa religione ufficiale dello Stato. Essere poveri è atto sovversivo.

Ho fatto parte di una gioventù politica, che aveva dalla sua la quantità numerica e l'istruzione superiore, miscela che fu allora detonante. Ho fatto parte di una massa critica intransigente e perciò avversata con l'antico sistema delle prigioni. Cerco nei poeti il grido, non la serenata.  Grido non serenata

Cerco nei libri la lettera, anche solo la frase che è stata scritta per me e che perciò sottolineo, ricopio, estraggo e porto via. Non mi basta che il libro sia avvincente, celebrato, né che sia un classico: se non sono anch’io un pezzo dell’idiota di Dostoevskij, la mia lettura è vana. Perché il libro, anche il sacro, appartiene a chi lo legge e non per il diritto ottenuto con l’acquisto. Perché ogni lettore pretende che in un rotolo di libro ci sia qualcosa scritto su di lui.  Alzaia