Io non sono felice, sono solo un po’ più tranquillo. È a questo che miravo, non avendo questo prima: una casa normale, una vita normale. Non voglio di più, mi accontento del necessario. E anche del superfluo, perché non sono scemo. A me, quando ho cominciato a guadagnare, già mi dicevano: Eh, tu ormai hai fatto i soldi, adesso in albergo vai al Gallia. E io rispondevo che la povertà è una condizione, non una vocazione, e che se i poveri invece di mandarli a dormire sotto alla stazione li mandi al Gallia, devi vedere come ci vengono… nun è che ‘o povero te dice: Peccarità, io aggio durmi’ dint’ una scatola ‘e cartone, sinnò nun piglio sonno…. In realtà mi sta molto bene essere passato dalla condizione di ex povero a quella di persona che invece può permettersi certe cose. Però ho sempre presente la situazione esterna, sia perché dentro di me ci sono ancora delle motivazioni sociali, politiche, ideologiche che io cerco di tenere accese, sia perché frequento, tanto nella mia famiglia che tra i miei amici, persone che non si possono permettere con la mia stessa frequenza un viaggio oppure una macchina nuova. Questo serve a farmi vergognare un po’, ad avere un po’ di pudore, a farmi discutere con me stesso, magari per poi dirmi che, in fondo, non tolgo niente a nessuno.
Non tolgo niente a nessuno
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