Richard Peter
C’è una sozzura di altri tempi e di odierne ore sui monumenti antichi: per il denso fumo che ha reso la materia carta annerita, per gli alberi che ne scuriscono le ombre, per le erbacce che ne confondono il disegno. Archi e mattoni resistono come cariati denti nel tessuto cittadino e ambiscono a esserne la corrotta cifra. Quel che si rafferma sulla carta non è volatile segno, ma pietra erosa, masso traballante. Pur nell’esser decaduti dall’uso c’è di che sperare: un nuovo illuminato modo di essere impiegati, di perdurare. Foresta accoglie i resti. Rocchi scheggiati e vasi torreggianti. Dai basamenti si staccano busti, e gambe si stirano per le assunte eterne posizioni prone, mentre pampini e viticchi s’avvoltolano su capitelli e colonne sgravate dalle trabeazioni. Fantasie eccitate, al galoppo, rimestano nel calderone culturale e traggono dal cilindro della storia un toro alato, una palma e un elmo, un arco di trionfo e una colonna da riposizionare su un ponte crollato o un arco a sesto acuto riabbassato. Tra foglie d’acanto e pergamene, la mano passa con segno omologante. È ciò che Relitti, sballottati dalle correnti della storia, testimoniano di atti morali e disegni criminali. Nuvolaglie increspano la visione razionale. La linea evolutiva delle forme è una chimera da registrare su fogli numerati. Rocchi gettati tra erbe ornamentali servono da seduta ai mendicanti. Medesimo è l’uomo che costruisce mura e distrugge imperi. Emergono dai flutti del terreno, colonne con capitelli e trabeazione. Scoscesi dirupi nascondono in parte archi diroccati che attendono dissepoltura. A volte il cielo si dissipa cancellando un angusto orizzonte. Storia non è fatta per sguardi senza slarghi di veduta. Statue, in niente dissimili agli umani, indicano e implorano, evocano e additano storie similari. Gente scava o discorre indifferentemente. Se medita, l’uomo lo fa seduto su un pezzo di marmo decorato. Il tempo incatrama le vie per cui si giunge al presente. Raggi d’ombra ammorbano la visione del reperto. Indietreggiando non si risale il corso del tempo. Fuori di scala è l’uomo. Figurante da commedia dell’arte o ladro o mendicante resta il pusillanime abitante di pietre a misura di gigante. Misura umana non è rapportabile alle sue fabbriche e il cielo si tortura per accordarsi a tali mura. Se sotto le alte arcate si affastellano vasche di porfido e statue, alati tori ed elmi giganteschi, vuol dire che dalla storia non si esce. Che tocca ripassare per gli stessi luoghi, le medesime empie azioni, le funeste imprese. Storia non è posizionamento di archi in prospettiva: azioni equivalenti trovano finali irriducibili. Lettere gigantesche si stagliano su marmi candidi per recitare al visitatore delle patrie rovine ciò che non è possibile smarrire.

Crediti
 Giovanni Battista Piranesi
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