Per l’espressione «ottimismo drammatico» mi sono ispirato a Pavel Florenskij, una delle intelligenze più potenti del suo tempo, matematico di formazione, filosofo e teologo, una smentita vivente dell’ideologia atea comunista secondo cui la fede in Dio non è altro che ignoranza.
Il 7 dicembre 1935, dal lager delle isole Solovki dove si trovava ormai da tre anni per l’unica colpa di essersi rifiutato di abiurare la sua fede, Florenskij scrive a suo figlio:
«Si tratta della visione della vita dell’antichità greca, di un ottimismo tragico. La vita non è affatto una festa e un divertimento continuo; nella vita ci sono molte cose mostruose, malvagie, tristi e sporche. Tuttavia, rendendosi conto di tutto questo, bisogna avere dinnanzi allo sguardo interiore l’armonia e cercare di realizzarla».
Ottimismo drammatico
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