Dice Bonhoeffer: «Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in questo affare, ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene». Bonhoeffer istituisce in questo modo una netta differenza tra «salvare la propria anima» e «cavarsela», in base alla quale è possibile affermare che io salvo la mia anima non se «me la cavo», ma se mi prendo a cuore la sorte degli altri, della prossima generazione.
Devo pensare a me e alla mia salvezza, non alla considerazione che gli altri hanno di me; ma penso veramente a me e alla mia salvezza quando mi occupo degli altri e del loro bene, e non a «cavarmela». Non mi devo rinnegare o sacrificare, devo affermarmi e realizzarmi; ma questo avverrà tanto più, quanto più mi aprirò alla relazione, perché io sono relazione e la mia struttura ontologica è essere-con ed essere-per.
Tutto è un sistema, anch’io sono un sistema, e quanto più renderò autentiche e vitali le connessioni che strutturano il mio essere, tanto più vivrò. L’ottimismo è l’atteggiamento della mente e del cuore che discende da questa intelligenza relazionale. Perché però definirlo ottimismo? Perché anche quando si fallisce storicamente (come avvenne a Bonhoeffer che fu impiccato a trentanove anni il 9 aprile 1945, a un mese esatto dalla fine della guerra, dato che Hitler volle farsi precedere nella tomba dai suoi nemici personali), se si è vissuta la propria identità in modo relazionale in funzione della vita del mondo, allora, soggettivamente, non si fallisce, perché dalla propria estrema testimonianza il mondo trae vita.
Quotes per Vito MancusoLa società sta andando verso un declino, per non dire dirupo, ed è chiaro che la filosofia può aiutarci interiormente. Certo, in questo momento storico non è che con la filosofia, l'etica, la spiritualità, si riesca a cambiare il mondo esterno. È evidente che questo processo nel quale siamo inseriti non è facilmente trasformabile e chissà per quanto tempo dovremmo ancora sopportare questa situazione sempre più problematica. Però, la filosofia, l'etica, la spiritualità e la coltivazione della propria interiorità ci possono aiutare a non diventare noi stessi vittime di questa situazione.
La sofferenza è un maestro che ci conduce verso la vita autentica e il nostro vero essere. La vita autentica
Dobbiamo lavorare per diventare semplici. Non è semplice essere semplici. È quello che a suo modo sosteneva Gesù: «Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli». Non si tratta di rimanere bambini, ma di diventarlo. Questo significa che il problema del senso della vita non è teorico, è pratico: consiste nel lavorare su di sé per diventare semplici e risultare veri, e così darci una mano gli uni con gli altri. Talora persino darci la mano, e camminare insieme. A proposito del senso della vita
Autenticità significa trovare la propria voce nel caos dell'esistenza. La vita autentica
Alla fine tutto sta qui. Occorre mantenere in vita lo spirito dell'infanzia, la forza primigenia con cui la natura ci ha generato. Il messaggio di questo libro è che la vita non tradisce, e a chi, a sua volta, non la tradisce, essa darà in premio sé stessa. Dice la sapienza di Israele: Chi pratica la giustizia si procura la vita (Proverbi 11,19). Basta solo essere giusti. Tutto qui, qualcosa di molto semplice, che ogni uomo vede da sé. Simplex sigillum veri. L'anima e il suo destino
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