Sai tu, mi disse fra l’altro, perché non mi sono mai preoccupato della morte? Sento in me un pulsare di vita che nessun dio ha creato e nessun mortale ha generato. Credo che noi siamo frutto di noi stessi e che siamo legati così intimamente con il tutto solamente per mezzo di un libero desiderio.
Parole simili non ho mai udite da te, risposi.
Che cosa sarebbe, aggiunse, che cosa sarebbe questo mondo se non fosse un’armonia di esseri liberi? Se i viventi in esso, non vi operassero uniti e per proprio gioioso impulso, in una sola vita dalle molte voci? Come sarebbe legnoso, freddo, quale macchina senza cuore sarebbe questo mondo!
E allora, in questo caso, sarebbe vero, risposi e nel senso più alto della parola, che, senza libertà, ogni cosa è morta?
Proprio cosi, rispose, nemmeno un filo d’erba cresce se non ha in sé un suo proprio germe di vita! e tanto più in me! Per questo, mio caro, perché mi sento libero nel senso più alto della parola, perché mi sento senza un principio, per questo credo di essere senza una fine, indistruttibile. Se mi ha plasmato la mano di un vasaio, allora egli può frantumare il suo vaso, come gli fa piacere. Ma ciò che vive là dentro, deve essere non generato, deve essere, nel suo germe primo, di natura divina, al di sopra di ogni potere, di ogni arte, e, per questo, invulnerabile ed eterno.
Ognuno ha i suoi misteri, caro Iperione, i suoi segreti pensieri; questi erano i miei, da quando io penso.
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