L’IA sta lasciando il segno sulla cultura, e non è una faccenda da poco. Coeckelbergh ci invita a esplorare come questa tecnologia plasma il modo in cui raccontiamo storie, creiamo significati e vediamo noi stessi. La filosofia politica ci spinge a chiederci: chi guida questo cambiamento culturale, e cosa rischiamo di perdere?
L’IA è già tra noi culturalmente. Genera film, musica, arte; cura cosa vediamo su Netflix o TikTok. Questo non è solo intrattenimento: è narrazione, che forma identità e valori. Pensiamo agli algoritmi di raccomandazione: decidono cosa diventa popolare, spesso spingendo il mainstream a scapito della diversità. Coeckelbergh avverte: la cultura rischia di appiattirsi, se l’IA privilegia ciò che vende.
Il potere è un tema grosso. Le big tech controllano l’IA culturale, non i poeti o i registi. Pensiamo a Hollywood che usa algoritmi per scrivere blockbuster: l’arte diventa prodotto, ottimizzato per il profitto. Questo non è neutrale: chi ha i dati e il codice plasma l’immaginario collettivo. La filosofia politica ci chiede: come teniamo la cultura un bene comune, non una merce?
C’è poi la memoria. L’IA digitalizza il passato – archivi, tradizioni – ma lo filtra. Cosa resta fuori? Pensiamo alle lingue minori o alle subculture: se non entrano nei dataset, spariscono. Coeckelbergh vede un pericolo: una cultura globale dominata da poche voci, con l’IA che amplifica l’egemonia anziché la pluralità.
Il lato umano è a rischio. Creare cultura è fatica, emozione, errore; l’IA è precisa, veloce, ma fredda. Pensiamo a un quadro generato: bello, ma manca di storia. Coeckelbergh si interroga: vogliamo una cultura perfetta ma sterile? La sfida è usare l’IA come strumento, non come sostituto, preservando il caos che ci rende unici.
Eppure, l’IA può anche arricchire. Democratizza la creazione: chi non sa suonare compone, chi non scrive pubblica. Questo amplia le voci, ma serve una governance che protegga la diversità, non la soffochi. Coeckelbergh propone un equilibrio: tecnologia sì, ma al servizio della cultura, non al suo comando.
In sintesi, l’IA sta riscrivendo la cultura, con promesse e insidie. Può connetterci o omologarci, a seconda di come la guidiamo. Coeckelbergh ci sfida a non cedere: la cultura è il nostro specchio, e non deve riflettere solo il volto di una macchina.
*Filosofia politica dell'intelligenza artificiale: un'introduzione* di Mark Coeckelbergh offre una panoramica completa delle sfide politiche poste dall'IA, invitando a una riflessione critica sul suo ruolo nella società.
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