Interpretazione di uno dei comandamenti biblici, davvero toccante e sublime, questa di Recalcati, che allevia il tono imperativo di onora, con il portare onore, e con tanto di spiegazione a seguito, cosa questa fondamentale, ma assolutamente non contemplata, qualora sia un comandamento, cioè, un ordine impartito. Inoltrandomi nelle dinamiche, e tornando alle radici, vado a questionare con la Bibbia, perché è proprio qui che l’uomo è la sua parola, dissociandosi dalla stessa, e mi chiedo: un figlio che non è stato onorato può onorare i suoi genitori? Chi glielo insegna se nessuno glielo mostra? Il passaggio è delegato alle parole naturalmente, in un certo senso poi, meglio sarebbe dire, culturalmente ma, se la parola non è la cosa, come può questa sedimentare in un animo e non restare invece parola vacante, e ancora e sempre dunque disincarnata? Onora tuo padre e tua madre voce che scende dalle stelle come comandamento, e che come tale, non poteva attecchire in sostanza sulla terra, ma solo come forma, che serve a tutelare chi ne fa uso, perché si sa, far scaturire uno stato d’animo è più complicato e, laddove qualcosa si impone, e dunque c’è sopraffazione, si sta onorando? Direi che il Padre è partito col piede sbagliato e forse non lo sa, per questo ci vogliono i comandamenti, ci vuole la Legge, e il senso di colpa come collante. Non si tratta di essere contro il padre né contro la legge, un sistema di cose ne vale un altro, ma se non si è consapevoli delle dinamiche che ci muovono, si continua a mandare avanti una parola che sa di mancanza, poiché manca dell’essere che dovrebbe farsi parola, e non parola eterea di un qualche signore, ma la propria di parola, e che il Verbo finalmente… si faccia Carne!
Portare onore
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