Posso permettermi di espone una riflessione?
Il soggetto era un uomo di trentadue anni, impiegato, all’epoca dell’esperimento, in una clinica, e aveva voluto di buon grado prestarsi a questa esperienza. Io non sapevo nulla della sua vita. Dopo l’esperimento gli domandai:
– Ha lei notato di aver talvolta lungamente esitato?
– No, ho sempre risposto direttamente.
– Sa di aver commesso errori di riproduzione?
– No, tutte le mie riproduzioni erano fedeli.
-Ha comunque notato qualcosa di speciale?
– No, altrimenti lo direi.
– Posso permettermi di espone una riflessione? Lei deve aver avuto tempo fa una storia assai sgradevole, probabilmente una storia di coltello che ha indubbiamente avuto spiacevoli conseguenze.
L’uomo a momenti cadde dalla sedia! – Come lo sa?
Io gli chiesi se era una notizia esatta. Egli rispose:
– Sì. Ma io ero molto lontano dal pensano.
Egli aveva scontato una pena in una prigione all’estero a causa di una rissa, nel corso della quale aveva gravemente ferito con un coltello il suo avversario. Quella era una macchia nera nella sua vita ed egli aveva naturalmente fatto attenzione a che nessuno del suo attuale giro ne venisse a conoscenza. Quanto a lui, si era sforzato di dimenticare. All’epoca dell’incidente, che risaliva a una decina di anni addietro, era ancora giovane. Neppure per un istante aveva immaginato che sarebbe stato possibile ritrovarne la traccia. Ma, constatate voi stessi! Le parole coltello, lancia, battere, appuntito lo facevano sussultare. E questo già permette di abbozzare una diagnosi. Il fatto più interessante è che il soggetto stesso non si era accorto assolutamente delle sue esitazioni: perché ogni volta che una parola induttrice critica coglie nel segno, la coscienza ne è immediatamente affascinata; essa si rivolge all’interno e non nota più ciò che avviene all’esterno. Il soggetto perciò non può constatare la sua eccitazione. Egli è vittima di una assenza che afferra per un istante, durante il quale il tempo scorre, la sua attenzione.
Poi torna in sé e riflette: Cosa stavamo dicendo?. Senza rendersi conto che è stato altrove col pensiero, trascinato a sua insaputa, come da un turbine, nella complessità dei suoi ricordi e delle sue immagini interiori. Talvolta con l’aiuto di pochissime associazioni possiamo arrivare a un qualche risultato. Ero stato messo alle strette da un professore di diritto che si interessava a questi esperimenti, pur senza crederci molto. Andai a fargli visita, munito dei miei accessori, lista di parole induttrici e cronometro. Era un anziano signore che, giunto alla quinta associazione, si stancò e mi disse:
– In fondo, cosa vuole che ne venga fuori?
– Non va male, stanno venendo fuori dei dati dei quali potrei metterla al corrente.
Le reazioni critiche erano state:

Parole induttrici: denaro morte abbracciare cuore palpitare la seminatrice

Parole indotte: poco morire bello palpitare la seminatrice

Si trattava di un insegnante universitario che si avvicinava alla settantina e pensava di ritirarsi. Potei rischiare le seguenti conclusioni:

  1. Ii mio paziente doveva avere difficoltà finanziarie poiché alla parola denaro associava poco e a pagare reagiva violentemente.
  2. Quando si raggiunge questa età, involontariamente si pensa alla morte; naturalmente non se ne parla, la qual cosa però non impedisce all’inconscio di ammetterla con discrezione. Alla parola morte il soggetto risponde con morire: egli non abbandona questo tema; pensa morte e ne conserva il pensiero.
  3. Abbracciarebello. Ecco un’altra scoperta, è come un grido del cuore! In un vecchio giurista questo fatto ci sorprende; ma sappiamo che l’amore sboccia a ogni età. Ricordiamoci però che in età avanzata certi ricordi sentimentali ritornano alla luce volentieri, che ci si ricorda con tenerezza degli incontri del tempo passato.

Doveva essergli tornata alla memoria qualche avventura erotica; io lo avevo associato alla seminatrice che serve d’effige alle monete francesi. Perché non ci poteva essere qualche francese di mezzo?
Gli dissi: – Chiaramente Lei ha delle difficoltà finanziarie; pensa alla sua morte, che potrebbe derivare da una crisi cardiaca; di tanto in tanto ha delle palpitazioni. Ha poi dolci ricordi, probabilmente di un’avventura amorosa, con una francese. Egli dette una manata sul tavolo.
– Ha della magia nera, gridò. Come sa tutto questo?
– È esatto?
– Certo che è esatto!
Corse quindi nella stanza accanto e disse alla moglie: – Vieni, bisogna che anche tu faccia questa prova; anzi, è meglio di no, è senz’altro preferibile!
Penserete che le mie conclusioni non mancassero d’audacia. Indubbiamente, ma devo riconoscere che al tempo di questo esperimento non ero più un principiante; ne avevo già fatti parecchi, e una lunga abitudine sperimentale aveva affinato il mio giudizio.

Crediti
 Carl Gustav Jung
 L'homme à la découverte de son âme
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