L’origine della specie, fu fonte di aspre controversie alla sua prima apparizione, poiché, contraddiceva le allora diffuse teorie scientifiche, di un intervento divino, diretto sulla natura e contrastava con la Creazione, vista secondo interpretazione letterale del libro della Genesi. Sebbene Darwin fosse sostenuto da alcuni scienziati (tra i quali Thomas Henry Huxley), altri esitarono ad accettare la sua teoria, a causa del mancato chiarimento del modo, con il quale gli individui, potevano trasmettere le loro caratteristiche alla discendenza. Darwin propose una propria teoria dell’eredità per pangenesi, ma essa non era molto convincente. La mancanza di un meccanismo coerente dell’eredità, restò uno dei principali punti deboli della teoria darwiniana, fino alla riscoperta del lavoro di Gregor Mendel nei primi anni del XX secolo; del resto, anche altri aspetti della teoria generale di Darwin, subirono a loro volta un’evoluzione nel tempo: discendenza comune, selezione sessuale, gradualismo e pangenesi. Comunque sia, si può dire che il maggior merito di Darwin, fu quello di aver portato l’idea di evoluzione, nell’arena del dibattito scientifico propriamente detto. Tornando alle origini, contrariamente alla percezione popolare, Darwin non scoprì l’evoluzione, che era un concetto già ben noto e diffuso, anche se non pienamente accettato dalla comunità scientifica, ed egli stesso riconobbe che altri, prima di lui, avevano pubblicato brevi affermazioni, che introducevano il concetto di selezione naturale, ma era allo stesso tempo conscio, dello scarso impatto che questi avevano avuto prima della pubblicazione dell’Origine delle specie. Di fatto Darwin e Wallace proposero per primi un meccanismo evolutivo coerente: la selezione naturale. Il lavoro di Darwin, contenente una lista di fatti e supportato da altri naturalisti, stabilì prima di tutto che qualche forma di evoluzione era avvenuta (che quindi le specie non erano fisse), anche se si poteva discutere del meccanismo. Inoltre, ancora una volta contrariamente all’opinione comune, Darwin non coniò l’espressione sopravvivenza del più adatto, ma la aggiunse alla sesta edizione dell’Origine delle specie citandola dal filosofo Herbert Spencer (il quale aveva usato la frase selezione Naturale, o la sopravvivenza del più adatto nel suo lavoro Social Statistic del 1851). Opinione comune, che fu scossa da questa sua teoria, poiché cambiò negli uomini, il modo di vedere se stessi ed il mondo che li circondava. Con l’accettazione che gli umani discendessero dagli animali, diventava palese che anche l’uomo fosse un animale. Il mondo naturale assunse una tinta fosca nelle menti dei più, poiché gli animali selvaggi erano immaginati in perenne stato di competizione gli uni con gli altri. Il mondo fu visto in termini di minore solidità: siccome molti milioni di anni fa esso era del tutto diverso dall’attuale, fu chiaro a molti che l’impatto dell’uomo sulla Terra non era così grande, e che l’uomo stesso avrebbe potuto estinguersi in un futuro. Dal 1860 sino agli anni 1930, la teoria dell’evoluzione per selezione naturale di Darwin non fu accettata universalmente dagli scienziati, mentre qualche forma di evoluzione era considerata possibile. Numerose teorie evolutive, tra le quali il neodarwinismo, il neolamarckismo, l’ortogenesi e la teoria delle mutazioni furono discusse dagli scienziati all’inizio del XX secolo. Negli anni ’30 il lavoro di numerosi biologi, genetisti, statistici e paleontologi portò alla formulazione della cosiddetta Sintesi moderna dell’evoluzione, che fondeva il concetto darwiniano di selezione naturale con la genetica di Mendel. Attualmente la stragrande maggioranza dei biologi (oltre il 99%), considera che la teoria di Darwin sia fondamentalmente corretta. Nonostante ciò, negli Stati Uniti una parte significativa della popolazione è contraria all’evoluzione a causa di pregiudizi religiosi.
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