Stanotte dalle celle acutamente gridano le ammalate, le voci arrivano e penetrano dentro lo spiraglio della finestra di camera mia che ho lasciato socchiusa per il caldo. Sono voci acute, delle lame che diventano sottili e perforanti con qualche cosa di dolce e insieme di inutile; non chiamano, non si voglion far sentire da nessuno, voci che rispondono ai loro delirî; ogni poco si fermano come ascoltassero la risposta; a loro volta rispondono.
È il 27 giugno, una notte già di silenziosa e fitta estate.
Domani dunque ancora una volta vedrò la processione del Corpus Domini del manicomio. Tutti gli anni, al di fuori di quelli della guerra, ho visto, da quando son laureato, la processione dei matti, nel primo sboccio dell’estate, e ogni volta quello sfilare di folli dietro i preti ammantati mi ha portato a considerare la mia condizione.
Ogni anno i matti, dietro il baldacchino, frastornati dai loro delirî, reietti dalla società, seguono in due file.
Io, dietro le persiane, guardo.
La Lella mi ha messo un tale sfolgorio di rose sopra lo scaffale dei libri che ogni volta che sollevo gli occhi e le vedo, sorrido sorpreso dalla felicità.
La processione si è svolta placidamente e non è mancata la predica del frate dal terrazzo dove, ai tempi del Duce, si facevano i discorsi ai fascisti.
La scena del discorso del frate davanti ai matti e alle matte e ai contadini dei dintorni del manicomio, vestiti a festa, se sofferta nella sua ironica-tragica realtà, avrebbe potuto essere un grande quadro. Non mancava nulla della stupidità umana, galleggiavano i sette vizi capitali, l’ipocrisia e l’ambizione in tal modo si davan l’abbraccio che era una morsa, la mediocrità era il sovrano, la servitú strideva acutamente.
Intorno alla piazza vi erano gli alberi ricchi di foglie che seminavano una fertile ombra. Sulla destra, seduta in quell’ombra, inconsapevole forse della sua bellezza, c’era una ragazza, splendente di gioventú; aveva un vestito primaverile e sembrava aspettasse la felicità dalla vita (voglia il cielo che l’abbia).
Il frate dal terrazzo, la barba puntuta come un sesso setoloso, abbaiava spergiuri.
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