Istruttori di teatro: Steiner e Gurdjieff
Due degli istruttori di coscienza di questo secolo, persone che assumevano il ruolo di ponte tra uno stato più cosciente e la vita ordinaria, erano esperti di teatro. Tuttavia, sotto tutti gli aspetti visibili, erano agli antipodi – e questo esemplifica il principio che il più alto, il più individuale e unico, è l’uomo. Le persone relativamente risvegliate, Gurdjieff le presentò come delle caricature, e i santi stupidi sono noiosamente simili. I due istruttori di teatro erano Rudolf Steiner e George Gurdjieff. Il loro interesse per noi risiede nella loro pretesa di conoscere lo SCOPO ORIGINALE del teatro, per comprenderne le moderne distorsioni e anche il modo in cui un attore può lavorare consapevolmente. Mentre Steiner trascorse diversi anni come regista teatrale, le rappresentazioni di Gurdjieff erano dirette nella vita, come mostrano i vari resoconti dei suoi allievi. È Gurdjieff che nel suo bizzarro romanzo di fantascienza descrive la vita umana da una prospettiva cosmica, e fornisce un resoconto della recitazione cosciente che colpisce al cuore del dilemma dell’attore umano. Il romanzo, intitolato TUTTO E OGNI COSA (o I racconti di Belzebù a suo nipote) abbraccia più di due millenni di storia della terra, e nel capitolo Arte descrive il lavoro di una società speciale presente a Babilonia, e interessata alla ricerca sulla trasmissione di intuizioni significative alle generazioni future in tempi di crescente degenerazione. Il sabato la società si incontrava per creare e assistere a spettacoli che potevano essere prodotti e compresi solo da persone capaci di conoscere i propri stati interiori e capaci di concentrarsi su sequenze specifiche nel proprio flusso di esperienza. Erano esperti nella fusione di osservazione e auto-osservazione, e con la loro volontà potevano manifestarsi lungo linee da loro scelte. Gurdjieff divaga per fornire varie diatribe contro lo stato dell’uomo contemporaneo, contro gli attori e gli scrittori in particolare. Il suo punto di vista è simile a quello che abbiamo adottato nel sottolineare come la performance (nella forma delle sequenze) nasca dalle contraddizioni interiori che impediscono alla nostra vita di essere propositiva e diretta, coerente e in evoluzione.
…consiste proprio in loro quella particolarità della loro comune presenza, ossia che mentre con una parte della loro essenza intendono sempre desiderare una cosa; nello stesso tempo con un’altra parte desiderano decisamente qualcos’altro; e grazie a una terza parte, fanno subito qualcosa nell’esatto contrario.
Questo stato dell’uomo comune contemporaneo è in contrasto con quello degli antichi attori babilonesi. Il vero attore è in grado di generare una performance da dentro di sé. Deve prima ascoltare la totalità dei suoi vari flussi di esperienza tutti in una volta. Non c’è quiete della mente nel senso ordinario di oscuramento. È l’attenzione senza soppressione che mette a disposizione dell’attore un movimento dentro di sé. La seconda fase consiste nel creare un quadro per l’azione, che richiede l’esercizio della Ragione, termine usato da Gurdjieff per indicare l’intelletto che sta al di sopra della mescolanza dei pensieri e dei meccanismi di calcolo, uno strumento capace di afferrare quasi istantaneamente una logica e le sue implicazioni. Il terzo stadio richiede la capacità di concentrarsi su un certo dispiegarsi delle esperienze soggettive. Non è necessario supporre che queste tre fasi siano necessariamente consecutive.

Crediti
 Anthony Blake
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