Walser e Manganelli, pur diversi come sono fra loro, portano dentro la maniera una specie di gioia che è la gioia antifrastica della distruzione: fanno la festa alle convenzioni letterarie proprio come si dice fare la festa a qualcuno o a qualcosa. Il narratore di Walser, servo, assistente o studentello povero che scrive pezzi in prosa, gode come di un privilegio del proprio punto di vista subalterno, che gli consente di sbarazzarsi del più ingombrante idolo borghese, quello della dignità. Eterno minorenne, il suo inadattamento è legato a un non ancora che non può essere rimosso, a un ingresso nel mondo che non può realizzarsi sia perché il mondo è inabitabile sia perché quel fanciullo preferisce di no, vuole piuttosto far perdere le proprie tracce come Walser stesso.
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