Quando regna la parola
Il nostro è un mondo in cui regna la parola; parola, che sottomette il desiderio di ciascuno alla legge del desiderio dell’Altro. È dunque nella misura in cui l’intenzione o la domanda, che attraversando la catena significante, può farsi valere presso l’oggetto materno. In questa misura, il bambino, che ha costituito la madre come soggetto sul fondamento della prima simbolizzazione, si trova interamente sottomesso a ciò che possiamo chiamare, ma solo per anticipazione, la legge. La legge della madre è, beninteso, il fatto che la madre è un essere parlante, e questo basta al legittimare il fatto che io dica la legge della madre. Nondimeno questa legge è, se così posso dire, una legge incontrollata, che sta interamente nel soggetto da cui proviene, vale a dire nel buono o nel cattivo volere della madre, la buona o la cattiva madre. Il bambino perciò, si abbozza come assoggetto, perché si sperimenta sentendosi innanzitutto, come profondamente assoggettato al capriccio di ciò da cui dipende, anche se questo è un capriccio articolato. A questo punto è essenziale che la madre lasci subentrare il padre come mediatore di ciò che è al di là della sua propria legge e del suo capriccio, vale a dire, puramente e semplicemente, della legge come tale. Ed è in quanto tale che è accettato o non è accettato dal bambino, come colui che privi o non privi la madre, dell’oggetto del suo desiderio.

Crediti
 Jacques Lacan
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Quotes per Jacques Lacan

Il soggetto non è personalità ma un effetto della struttura significante. Grazie alle forme necessarie al mantenimento del desiderio, il soggetto resta un soggetto diviso, cosa che è nella natura stessa del soggetto umano. Se non è più soggetto diviso, è pazzo.

[Quando si tratta di godimento] si comincia col solletico e si finisce arsi vivi con la benzina.

L'inconscio è il discorso dell'altro. Questo discorso dell'altro non è il discorso dell'altro astratto, dell'altro nella diade, del mio corrispondente, neanche semplicemente del mio servo, è il discorso del circuito nel quale sono integrato. Ne sono uno degli anelli. È il discorso di mio padre per esempio, in quanto mio padre ha fatto degli errori che sono assolutamente condannato a riprodurre – è quello che si chiama il Super-ego.

Quando ci apriamo ad intendere il modo in cui Martin Heidegger ci fa scoprire nel termine alethés, il gioco della verità, non facciamo che ritrovare un segreto cui essa ha sempre iniziato i suoi amanti, e da cui essi capiscono che è nel fatto di nascondersi che essa si offre loro nel modo più vero.

Il soggetto è quel sorgere che, appena prima, come soggetto, non era niente, ma che, appena apparso, si fissa in significante. L’io è letteralmente un oggetto – un oggetto che adempie a una certa funzione che chiamiamo funzione immaginaria. Il significante rappresenta un soggetto per un altro significante.