Durante quel giorno, al termine del quale avrebbe dichiarato di non aver ucciso Umberto, cioè un uomo, ma il re, cioè un principio, Bresci deve aver pensato a tutta la sua vita. Una vita che senza dubbio finiva lì: c’erano solo due possibilità, o lasciarci subito la pelle o finire per sempre in galera, e lo sapeva benissimo. Quell’ultimo giorno, Bresci, il Caino come l’ha chiamato quello stronzo di Pascoli, che da giovane inneggiava al tirannicida ma da vecchio faceva il leccaculo del re; Bresci, che da bambino non piangeva mai perché non poteva permetterselo; Bresci, che non era mai stato bambino perché fin da piccolo aveva cominciato a lavorare nelle filature; Bresci quel giorno deve esser stato sballottato da tutti i sentimenti che aveva dovuto nascondere o soffocare per una vita intera, una vita trascorsa quasi tutta in silenzio come il maestro aveva ripetuto, fino a un gesto che avrebbe parlato per lui. Si è fatto travolgere dai sentimenti, anzi no, lui non si faceva travolgere: ha sguinzagliato tutti i suoi sentimenti, ha provato i desideri che per una vita aveva tenuto a bada, e si è concesso tutti i gelati che poteva. Il maestro non si sarebbe sorpreso se gli avessero detto che quel giorno, quando Bresci ha lasciato la pensione, la fodera del cuscino era zuppa di lacrime, piante non sulla sua triste sorte futura, ma su tutti i pianti che non aveva potuto concedersi nel passato, sui gelati che aveva desiderato ma non mangiato, su sua madre morta giovane… Pensa che quel giorno, mi dice il maestro, fra un gelato e l’altro gli è venuta fame. Allora è andato a sedersi al ristorante, però non voleva pranzare da solo, chissà quante altre volte l’aveva fatto, di pranzare da solo, ma quella volta lì non ci riusciva proprio, e allora ha invitato al suo tavolo uno che stava mangiando anche lui da solo, uno che non aveva mai visto prima. Hanno chiacchierato, e quella volta Bresci ha parlato a lungo, e siccome l’altro ha visto che era triste e gli ha chiesto perché, Bresci ha risposto che quello per lui sarebbe stato un giorno terribile, proprio cosí, terribile, lo ha definito; e alla fine Bresci ha pagato il conto per tutti e due, gli ha stretto la mano, il maestro pensava che gliel’avesse stretta molto a lungo, e intanto, mentre non gli lasciava la mano, gli ha detto: Mi guardi bene, forse si ricorderà di me per tutta la vita.
Quella volta Bresci ha parlato a lungo
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