Questo è il problema
Nel libro Connected: The Surprising Power of Our Social Networks and How They Shape Our Lives [Connessi: il potere sorprendente dei nostri social network e come danno forma alle nostre vite], gli autori Nicholas A. Christakis e James H. Fowler definiscono i social network «una specie di superorganismo umano». Scrivono: «Abbiamo scoperto che se l’amico del tuo amico è ingrassato, tu sei ingrassato. Abbiamo scoperto che se l’amico del tuo amico ha smesso di fumare, tu hai smesso di fumare. E abbiamo scoperto che se l’amico dell’amico del tuo amico è diventato felice, tu sei diventato felice». Anche se spesso ci riferiamo all’obesità come a un’«epidemia», è raro che sia definita contagiosa. Christakis e Fowler spiegano invece che – come il fumo e il no al fumo, le molestie sessuali e il no alle molestie sessuali – l’obesità è una tendenza: Abbiamo scoperto che con una sorprendente regolarità riscontrabile in molti fenomeni di rete le persone si raggruppano in base alla Regola dei tre gradi di influenza: l’obeso medio aveva maggiori probabilità di avere amici, amici di amici e amici di amici di amici obesi rispetto a quanto ci si sarebbe aspettato in termini puramente casuali. Il non obeso medio aveva, analogamente, più probabilità di avere contatti non obesi fino a tre gradi di separazione. Oltre i tre gradi di separazione, il raggruppamento si interrompeva. Di fatto, è come se le persone occupassero delle nicchie all’interno della rete in cui l’aumento o la perdita di peso diventano una sorta di standard locale.
In termini di salute, questa ricerca suggerisce che il comportamento individuale ha un impatto maggiore delle linee guida federali sull’alimentazione, che la maggior parte degli americani non segue. I fattori strutturali sono senza dubbio importanti – deserti alimentari, sussidi, mense con cibo poco salutare hanno un’innegabile influenza sulla dieta – ma gli standard più contagiosi sono quelli che plasmiamo noi.
Non siamo impotenti, all’interno della nostra «dinamica complessa, ricorsiva» con «fattori interni ed esterni»: i fattori interni siamo proprio noi. Certo, esistono sistemi potenti – il capitalismo, l’allevamento industriale, il comparto dei combustibili fossili – che sono difficili da smantellare.
Nessun singolo automobilista è in grado di provocare un ingorgo. Ma un ingorgo non può verificarsi senza i singoli automobilisti. Siamo bloccati nel traffico perché il traffico siamo noi. Il modo in cui viviamo le nostre vite, le azioni che facciamo e non facciamo, possono alimentare i problemi sistemici ma possono anche cambiarli: le denunce presentate da singoli individui hanno cambiato gli scout, singoli individui hanno dato vita con le loro testimonianze al movimento #MeToo, i singoli individui che hanno partecipato alla Marcia su Washington per il lavoro e la libertà hanno aperto la strada al Civil Rights Act del 1964 e al Voting Rights Act del 1965. Esattamente come Rosa Parks ha contribuito a eliminare la segregazione sui mezzi di trasporto pubblici, esattamente come Elvis ha contribuito alla prevenzione della poliomielite.
Scranton scrive: «Non siamo liberi di scegliere come vivere più di quanto siamo liberi di infrangere le leggi della fisica. Scegliamo fra possibili opzioni, non ex nihilo».
Sì, le nostre azioni sono soggette a vincoli; convenzioni e ingiustizie strutturali ne definiscono i parametri di possibilità. Il nostro libero arbitrio non è onnipotente – non possiamo fare tutto quello che vogliamo. Ma come dice Scranton, siamo liberi di scegliere tra possibili opzioni. E una delle nostre opzioni è quella di fare scelte coscienziose dal punto di vista ambientale. Non è necessario infrangere le leggi della fisica – e neppure eleggere un presidente verde – per scegliere un piatto vegano da un menu oppure privilegiare gli alimenti a base vegetale quando facciamo la spesa. E sarà anche un mito neoliberista attribuire alle decisioni individuali il potere supremo, ma non attribuire alle decisioni individuali alcun potere è un mito disfattista. Tanto le azioni macro quanto quelle micro hanno un potere, e quando si tratta di contrastare la distruzione del pianeta è immorale liquidare l’una o l’altra e proclamare che siccome non si può ottenere il massimo non si deve tentare di arrivare al minimo.
Sì, servono cambiamenti strutturali, serve una transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili a livello globale. Serve imporre qualcosa di simile a una carbon tax, introdurre l’obbligo di indicare sulle etichette l’impatto ambientale dei prodotti, sostituire la plastica con soluzioni sostenibili, costruire città a misura di pedone. Servono strutture che ci spingano verso scelte che già vogliamo fare. Serve affrontare in modo etico il rapporto tra l’Occidente e il Sud del mondo.
Potrebbe persino servire una rivoluzione politica. Questi cambiamenti esigono passaggi che gli individui non sono in grado di attuare da soli. Ma a parte il fatto che le rivoluzioni collettive sono fatte dagli individui, guidate da individui e rafforzate da migliaia di rivoluzioni individuali, non avremo nessuna possibilità di raggiungere l’obiettivo di contenere la distruzione ambientale se gli individui non prenderanno l’individualissima decisione di mangiare in modo diverso. È senza dubbio vero che la decisione di un singolo di passare a un’alimentazione a base vegetale non cambierà il mondo, ma è altrettanto vero che la somma di milioni di decisioni analoghe lo cambierà.

Crediti
 Jonathan Safran Foer
 Possiamo salvare il mondo prima di cena
  traduzione di Irene Abigail Piccinini
 SchieleArt •   • 




Quotes per Jonathan Safran Foer

Ridemmo insieme e da soli, a squarciagola e in silenzio, eravamo decisi a ignorare qualunque cosa andasse ignorata, decisi a costruire un nuovo mondo dal nulla, se nulla si poteva salvare del nostro mondo. Fu uno dei giorni più belli della mia vita, un giorno in cui vissi la mia vita e non pensai affatto alla mia vita.

Quando mi chiedono come sto, mi ritrovo a dire: È una fase di passaggio. Tutto è transizione, turbolenza verso la destinazione. Ma lo dico da così tanto tempo che probabilmente dovrei accettare che il resto della mia vita sarà un lungo passaggio: una clessidra senza i bulbi. Solo la strettoia.