Questo era il più importante nell'esser là

Ma guarda, – pensai – sono da mia madre!, quando dalla corriera scesi appié dalla lunga scalinata che portava ai quartieri alti del paese di mia madre.
Il nome del paese era scritto su un muro come sulle cartoline che io mandavo ogni anno a mia madre, e il resto, quella scalinata tra vecchie case, le montagne attorno, le macchie di neve sui tetti, era dinanzi ai miei occhi come d’un tratto ricordavo ch’era stato una volta o due nella mia infanzia. E mi parve ch’essere là non mi fosse indifferente, e fui contento d’esserci venuto, non esser rimasto a Siracusa, non aver ripreso il treno per l’Alta Italia, non aver ancora finito il mio viaggio. Questo era il più importante nell’esser là; non aver finito il mio viaggio; anzi, forse, averlo appena cominciato; perché così, almeno, io sentivo, guardando la lunga scalinata e in alto le case e le cupole, e i pendii di case e roccia, e i tetti nel vallone in fondo, e il fumo di qualche comignolo, le macchie di neve, la paglia, e la piccola folla di scalzi bambini siciliani sulla crosta di ghiaccio ch’era in terra, nel sole, intorno alla fontana di ghisa.
Ma guarda, sono da mia madre, pensai di nuovo, e lo trovavo improvviso, esserci, come improvviso ci si ritrova in un punto della memoria…

Crediti
 Elio Vittorini
 Conversazione in Sicilia
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