…È difficile, dinanzi a eventi che scardinano l’ordine della nostra vita, che irrompono con violenza a turbare i nostri equilibri, essere consapevoli della necessità di questo male. Essere consapevoli che ogni tassello, anche il più inquietante, alieno, incontrollabile, può avere un senso che noi capiremo dopo, in un tempo ancora a venire.
È difficile per la nostra ragione immaginare la possibilità che anche ciò che consideriamo male, nelle sue svariate manifestazioni, può essere necessario, come un tassello unico e irripetibile, per costruire quel mosaico la cui immagine solo alla fine riusciremo a vedere nettamente. (pg. 89) …Abbiamo bisogno di restituire alle nostre vite la pienezza che deriva dall’essere colmate da rapporti ricchi, vitali, espressione di un reciproco bisogno di appartenenza nella libertà. Ci apparteniamo in quanto solo gli uni con gli altri possiamo riconoscerci e acquisire una identità. Ma riconosciamo nello stesso tempo la piena libertà dell’altro, la sua autonomia che non impedisce la comunicazione profonda ma la preserva sia dalla caduta nella fusionalità che dalla pretesa di controllo. (pg. 130)…La fine di una relazione non è mai accompagnata dalla felice circostanza per la quale si concretizza un simultaneo esaurirsi dell’interesse. E questo comporta una delle più profonde ferite narcisistiche che un individuo possa sopportare. Il male è in agguato, perché è quasi impossibile chiedere all’altro uno sforzo di comprensione, la fine del rapporto è infatti il venir meno di una fiducia primaria che in tempi antichi abbiamo offerto a chi avrebbe dovuto, se non altro secondo le nostre aspettative, conservarci in eterno il suo affetto e la sua protezione. Troncare un rapporto significa essere cresciuti e anelare a un nutrimento diverso. In questo senso ciò che si apre di fronte a noi è un nuovo progetto di vita, che non vuol certo negare la validità della persona abbandonata ma sicuramente la esclude dalla nostra ricerca. (pg. 123)
È difficile per la nostra ragione immaginare la possibilità che anche ciò che consideriamo male, nelle sue svariate manifestazioni, può essere necessario, come un tassello unico e irripetibile, per costruire quel mosaico la cui immagine solo alla fine riusciremo a vedere nettamente. (pg. 89) …Abbiamo bisogno di restituire alle nostre vite la pienezza che deriva dall’essere colmate da rapporti ricchi, vitali, espressione di un reciproco bisogno di appartenenza nella libertà. Ci apparteniamo in quanto solo gli uni con gli altri possiamo riconoscerci e acquisire una identità. Ma riconosciamo nello stesso tempo la piena libertà dell’altro, la sua autonomia che non impedisce la comunicazione profonda ma la preserva sia dalla caduta nella fusionalità che dalla pretesa di controllo. (pg. 130)…La fine di una relazione non è mai accompagnata dalla felice circostanza per la quale si concretizza un simultaneo esaurirsi dell’interesse. E questo comporta una delle più profonde ferite narcisistiche che un individuo possa sopportare. Il male è in agguato, perché è quasi impossibile chiedere all’altro uno sforzo di comprensione, la fine del rapporto è infatti il venir meno di una fiducia primaria che in tempi antichi abbiamo offerto a chi avrebbe dovuto, se non altro secondo le nostre aspettative, conservarci in eterno il suo affetto e la sua protezione. Troncare un rapporto significa essere cresciuti e anelare a un nutrimento diverso. In questo senso ciò che si apre di fronte a noi è un nuovo progetto di vita, che non vuol certo negare la validità della persona abbandonata ma sicuramente la esclude dalla nostra ricerca. (pg. 123)
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