Religiosità: Una Poetica Bella del Vivere
Oltre ogni intenzione, indispensabile al momento
fugace come ogni istante davvero vissuto di cui
nulla resta in memoria nel suo essere fattibile.
La nostra forza è nella fragilità di quel lasciar
passare e continuare come altri.
Anna Maria Tocchetto

Chissà che giorno è oggi e cosa gli riserverò. Non mi dispiacerebbe rinascere gatto – seppure io creda che io siamo sincronicamente tutti i se che hanno un’esistenza animale in questo istante. Sono sicuro di essere diviso in un’unità che trae vita dalle singole identità creaturali che muoiono di attimo in attimo. […] Religiosità è trovare stupefacente il meccanismo del respiro, lasciarsi travolgere da questa bellezza argillare di cui niente è privo. Ognuno e ogni cosa respira come te è una formulazione politica per grandi polmoni. Basta che respirino e siamo già sulla soglia del divino. Non occorre molto per non rinunciare alla religiosità: ascolta un ticchettio di scarpe sul selciato, trovalo necessario nel suo non riguardarti, concentrati sulla meravigliosità unica di quei piedi che si stanno muovendo in quella loro direzione. La mobilità è sacra, come la ciocca di capelli scomposta dal vento e che poi si ricompone da sé. Questo è il senso ultimo della religiosità, una poetica bella del vivere; sapere che in ogni gesto e funzione presenti ci sono millenni di fatica genetica collettiva per rendere forma un dolore delle membra, natura un immane sforzo della memoria che preferiva cancellare. Forse all’inizio gli uomini non riuscivano neppure a abbassare le palpebre e gli occhi erano sempre feriti dalla luce e il buio di cui si servivano per poter dormire era quello esterno della notte e delle caverne. Scendevano nelle grotte e sognavano ad occhi aperti di avere un’interiorità nervosa così raffinata da crearsi il suo buio grazie a una finzione supplementare, che non è solo quella di vedere ma anche di non vedere, e l’uomo si inventò le palpebre isolando la luce da sé, dentro. E così è stato per tutto il resto. Io sento in me una grande predisposizione alla religiosità quando avverto che chi mi fa l’occhiolino sta ammiccando da un altare e che Dio è tutto lì.

Crediti
 Aldo Busi
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