Le trasformazioni sociali della modernità hanno indebolito la famiglia, riducendone il ruolo di baluardo della stabilità e di canale per la trasmissione dei valori tra generazioni. Christopher Lasch, con il suo occhio attento alla storia sociale, legge questo declino come un segnale della crisi più ampia della comunità: la famiglia, un tempo nucleo vitale della vita collettiva, è stata erosa da forze economiche, culturali e ideologiche che privilegiano l’individuo sopra ogni legame. È una perdita che non si limita alla sfera privata, ma mina le fondamenta stesse di una società capace di resistere al caos e al potere.
Storicamente, la famiglia ha rappresentato un rifugio e una scuola di vita. Nonostante i suoi limiti – spesso patriarcale, a volte soffocante – era uno spazio dove si imparavano la reciprocità, la responsabilità, il senso del limite. L’avvento del capitalismo industriale, seguito dalla cultura del consumo e dalla globalizzazione, ha cambiato tutto. Il lavoro precario, la mobilità forzata, l’enfasi sul successo individuale hanno spezzato i legami familiari, trasformandoli in un optional, non in una necessità. Lasch vede in questo un disegno implicito: le élite, che prosperano in un mondo fluido e sradicato, non hanno bisogno della famiglia; per le masse, invece, la sua dissoluzione è un colpo duro, che le lascia sole e vulnerabili.
Psicologicamente, il declino della famiglia genera un’instabilità profonda. La sicurezza emotiva che derivava da relazioni stabili – genitori, fratelli, nonni – viene sostituita da un’etica dell’autonomia che, in realtà, nasconde fragilità. Lasch, con un’intuizione vicina alla psicoanalisi, suggerisce che la famiglia fosse uno scudo contro l’ansia dell’esistenza: senza di essa, l’individuo si ritrova nudo, costretto a cercare altrove – nel consumo, nei social, nel lavoro – un senso di appartenenza che non trova. È una solitudine che alimenta il narcisismo: senza radici, ci si aggrappa al sé, ma è un appiglio fragile, destinato a cedere.
Filosoficamente, la crisi della famiglia interroga il significato della continuità. Per pensatori come Burke, la società era un patto tra generazioni – i vivi, i morti, i nascituri. La modernità, con il suo culto del presente, rompe questo patto. Lasch si avvicina qui a una critica esistenziale: una vita senza legami transgenerazionali perde spessore, diventa un eterno ora senza passato né futuro. Le élite, che vivono in un tempo astratto e globale, celebrano questa rottura come liberazione; ma per chi resta indietro, è un’espropriazione. La famiglia, con i suoi valori e le sue storie, era un argine al nichilismo; il suo declino lascia spazio a un vuoto che il mercato riempie con surrogati.
Le élite giocano un ruolo cruciale in questa dinamica. La loro ideologia – individualista, cosmopolita – disprezza la famiglia come retaggio di un mondo superato. La promuovono come un ostacolo alla libertà, ignorando che per molti è stata un’ancora. Lasch denuncia questa cecità: le élite possono permettersi di abbandonare la famiglia, grazie alle loro reti di potere e denaro; per le classi lavoratrici, invece, la sua perdita significa isolamento, precarietà, perdita di senso. La cultura dominante – dai media alle politiche pubbliche – spinge in questa direzione, celebrando la singletudine e svalutando i legami duraturi.
Culturalmente, il declino della famiglia si riflette in una società frammentata. I riti che univano – cene, racconti, tradizioni – cedono il posto a una vita atomizzata, dove ognuno è per sé. Lasch ci spinge a vedere il costo: senza famiglia, si perde la capacità di trasmettere memoria, etica, resilienza. È una crisi che tocca il cuore dell’umano: senza un noi primario, la società diventa un aggregato di estranei. Serve un ripensamento, un ritorno a strutture che sostengano, non che dividano. Altrimenti, il declino della famiglia sarà solo l’inizio di un crollo più grande, un mondo dove nessuno appartiene a nessuno.
*La ribellione delle élite. Il tradimento della democrazia* di Christopher Lasch è un'analisi critica della società contemporanea, dove l'autore argomenta che le élite, anziché essere un modello per la società, si sono allontanate dai valori democratici, creando una frattura con il resto della popolazione.
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