Rispettare l’oggetto della conoscenza è, prima di tutto, non volerlo ridurre a ciò che dovrebbe essere per potersi adattare alle regole epistemologiche che abbiamo scelto arbitrariamente noi stessi. Per fare un esempio, è vero che l’introspezione non ci permette di considerale la psicologia una scienza esatta, ma questo non è un motivo valido per svalutare l’introspezione, perché può darsi benissimo che l’oggetto della psicologia non si presti a essere trattato da una scienza esatta, e allora la psicologia, se vuole restare fedele al suo oggetto, dovrà appunto rinunciare a trasformarsi in una scienza esatta. D’altronde, la psicologia dell’uomo vista come la vedrebbe un cane deve essere esatta almeno quanto lo è la nostra scienza della natura; ma la nostra scienza della natura non è più esatta di quanto lo sia la psicologia umana vista come la vedrebbe un cane. La psicologia del comportamento fa dunque molto bene ad adottare il punto di vista del cane sull’uomo, perché quando entra in scena la coscienza essa ci rivela così tante cose che subito salta agli occhi lo scarto infinito tra una «scienza della coscienza» e la coscienza stessa. Se il nostro organismo fosse cosciente di se stesso, la biologia e la fisica sarebbero ancora possibili?
Vademecum del realista principiante
a cura di Antonio Livi e Maria Antonietta Mendosa
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