[…] poi si può rispondere anche che ormai la filosofia deve porre alla propria base il sapere scientifico. Questa volta sono gli scienziati a mostrarsi ingenui. Perché questa loro risposta non esprime una prospettiva scientifica, ma filosofica, e, appunto, ingenuamente filosofica.
[…] Non esisterebbe […] alcun sapere, quindi nemmeno quello scientifico, se il mondo non fosse manifesto, cioè non si mostrasse, non apparisse: non se ne facesse, appunto, esperienza. Certo, la scienza è una continua critica dell’esperienza. Afferma ad esempio che il sole non si muove, come sembra. Ma è necessario che questo ‘sembrare’ appaia, perché la scienza possa affermare che è illusorio, e tale apparire è ciò che viene appunto chiamato “esperienza”.
La scienza però non si interessa di quel FONDO che è l’esperienza e da cui la scienza pur parte. Su di esso la scienza fa luce con le proprie lampade, tendendo però a dimenticare che sono sempre costruite con materiali che da quel fondo sono tratti. A quel fondo la filosofia si è invece sempre rivolta: per stabilire se, al di là delle apparenze che esso contiene, non custodisca in sé anche un nucleo innegabile, incontrovertibile, che stia al fondamento di ogni sapere e di ogni agire.
Scienza e filosofia
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