Era una cosa terribile essere burlati così dalla vita, c’era da riderne e da piangerne!
O si viveva lasciando giocare i propri sensi, succhiando perdutamente al petto dell’antica Madre Eva: e allora si gustavano bensì piaceri sublimi, ma nulla salvava dalla caducità; si era allora come un fungo nel bosco, oggi rigoglioso e di colori vivaci, domani marcito.
Oppure si cercava di difendersi, ci si chiudeva nell’officina e ci si sforzava di costruire un monumento alla vita fugace: e allora bisognava rinunciare alla vita, allora non si era più che strumenti, allora si serviva bensì l’immortalità, ma intanto ci s’inaridiva e si perdeva la libertà, la pienezza, la gioia della vita.
Ah, eppure tutta questa vita aveva un senso soltanto se l’uno e l’altro scopo si potevano raggiungere, se non c’era questa scissione provocata da un arido aut aut!
Creare, ma non a prezzo della vita!
Vivere, ma senza rinunciare alla nobiltà della creazione!
Non era dunque possibile?
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