Poiché la teoria delle stringhe è un’impresa ad alto rischio – non sostenuta da dati sperimentali, seppur ampiamente appoggiata dalla comunità accademica e scientifica – la storia può finire solo in due modi. Se la teoria si rivelerà corretta, gli stringhisti si dimostreranno i maggiori eroi della storia della scienza, per aver scoperto, partendo da una manciata di indizi – nessuno dei quali ha un’interpretazione univoca – che la realtà è molto più estesa di quanto ci si immaginasse. Colombo scoprì un nuovo continente sconosciuto al re e alla regina di Spagna (così come i reali di Spagna erano sconosciuti agli abitanti del Nuovo Mondo); Galileo scoprì nuove stelle e lune e in seguito altri astronomi scoprirono i pianeti. Questi successi sembrerebbero inezie al confronto della scoperta di nuove dimensioni. Inoltre, molti stringhisti sono convinti che la miriade di mondi descritti dalle innumerevoli teorie delle stringhe esista realmente – come altri universi per noi impossibili da osservare direttamente. Se hanno ragione, la fetta di realtà che vediamo è molto più piccola della porzione di pianeta che aveva modo di osservare un gruppo di cavernicoli. Nella storia dell’umanità nessuno ha mai formulato ipotesi corrette ampliando di tanto il mondo conosciuto.
D’altro canto, però, se gli stringhisti si sbagliano, non si possono sbagliare di poco. Se le nuove dimensioni e simmetrie non esistono, gli stringhisti entreranno nel novero degli scienziati che più hanno fallito, come chi continuò a lavorare sugli epicicli tolemaici mentre Keplero e Galileo procedevano a passo spedito. La loro storia insegnerà come non fare scienza, come non lasciare che una congettura teorica oltrepassi i limiti di ciò che è possibile sostenere in base ad argomenti razionali tanto da perdersi in fantasie.
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