Può succedere che i censori, anche i più ottusi, abbiano buon orecchio. Se il tribunale di Parigi condannò le Fleurs du mal, fu anche perché vi aveva presentito un’oltraggiosità di una specie sino allora ignota. Non certo quella dei libertini settecenteschi. E neppure quella di Sade. Nulla di macchinale e petulante. Ma qualcosa di più grave, una commistione fra l’osceno e il devoto. Non si era mai incontrata prima una tale «sensualità liturgica». E da che cosa si lasciava riconoscere? Dal timbro. «La singolarità del suo timbro poetico dipende per una parte non trascurabile da questo, che i gemiti repressi del piacere, i sospiri amorosi, le intimità da alcova vanno a risvegliare come naturalmente nei suoi versi risonanze da cattedrale».
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