
Il Discorso sulla servitù volontaria a ben vedere è dunque più una condanna dei servi che dei tiranni; o per meglio dire è la condanna di quanto ognuno dei due, servo e tiranno, fa per il mantenimento dell’altro.
Non dunque un pamphlet usabile dai militanti, ma una riflessione sull’uomo che ne svela l’intrinseca radice di contradditorietà; più adatta a turbare che a dare certezze, più invito a raccogliersi su sé stessi che a mobilitare, più fonte di meditazione che di rivoluzione. Un’opera di questo tipo ha più a che fare con la ricchezza e la profondità delle osservazioni dei grandi moralisti che con le invettive politiche dei monarcomachi o dei regalisti In un certo senso La Boétie può essere considerato uno dei primi «spiriti liberi» del Cinquecento, per la radicalità delle questioni che riesce a porre e per il desiderio di libertà da cui è animato. A differenza però dei libertini La Boétie è alieno da ogni forma di indifferentismo e relativismo.. Perché allora l’amico Montaigne l’ha voluta minimizzare riducendola a pura esercitazione retorica, contraddicendo la sua intenzione di porla come quadro centrale all’interno del suo scritto e quasi rinnegando quella tensione etica che si sprigiona dalle pagine del Discorso? È difficile a prima vista dare una spiegazione plausibile di questo strano atteggiamento. Ma se si considera il fatto che questo scritto, che stava tanto a cuore a Montaigne, è risultato improvvisamente stravolto nelle sue intenzioni e nel suo significato globale a causa della pubblicazione ugonotta, è comprensibile il gesto di stizza e di sdegno con il quale «ha liquidato» l’opera in questione. Il grande umanista, intimamente distaccato dalle polemiche e dai contrasti politici della sua epoca, non volle probabilmente scendere al livello dei suoi interlocutori contrapponendo la propria interpretazione del Contr’un a quella ugonotta. Vi era solo un modo perché il testo venisse sottratto ad ogni interpretazione di parte: collocarlo il più lontano possibile nel cielo delle dissertazioni retoriche.
In definitiva il gesto di Montaigne ci appare non già come un tradimento o una censura nei confronti dell’amico, ma come il tentativo di mettere al riparo il Discorso dalle letture militanti messe in atto dalle varie fazioni politiche A questa conclusione giunge pure l’introduzione al Discorso sulla servitù volontaria di Miguel Abensour e Marcel Gauchet; cfr. E. De La Boétie, Discours…, op. cit., Payot 1976, p. 11.. A queste persone ben si adatta quanto dice La Boétie: le loro imprese «non furono altro che congiure di gente ambiziosa, la quale non deve certo essere compianta per gli inconvenienti cui andò incontro, essendo a tutti evidente che desideravano semplicemente far cadere una corona, non togliere il re, cacciare sì il despota, ma tenere in vita la tirannide. Riguardo a costoro sarei dispiaciuto se fossero riusciti nel loro scopo». Vedi pagina 87..
Ancora nessun commento