Sotto la luce riflessiva di MontaigneA dispetto di quanti han voluto trasformare La Boétie in uno dei primi avvocati del popolo, anche il Discorso sulla servitù volontaria non si discosta da questa impostazione: in esso non vi sono appelli al popolo perché si liberi dal tiranno ma la constatazione dell’assurdità della condizione dei sudditi, che vale molto di più di tutti gli inviti alla rivolta fatti nella storia dai vari tribuni del popolo. Solo una volta, all’inizio del Discorso, La Boétie si lascia andare ad una serie di invettive che si chiudono con una specie di esortazione a riprendersi la libertà. Ma non sembra che egli nutra eccessive speranze in un sollevamento popolare, perché subito dopo si corregge: «I medici dicono che è inutile tentare di guarire le piaghe incurabili e in questo senso ho forse torto a voler dare consigli al popolo che da molto tempo ha perso del tutto conoscenza riguardo al male che l’affligge e proprio perché non lo sente più dimostra ormai che la sua malattia è mortale» Vedi pagina 70., La Boétie non propone alcuna ricetta per il cambiamento del potere, non si fa partigiano di alcuna fazione; ciò che gli sta a cuore è la presentazione in tutta la sua ampiezza e profondità di una situazione paradossale pressoché inspiegabile nella sua radice, che ha talmente impregnato di sé la vita sociale tramite la coustume da renderla condizione ormai ovvia e normale della vita di ogni uomo: l’accettazione del dominio.

Il Discorso sulla servitù volontaria a ben vedere è dunque più una condanna dei servi che dei tiranni; o per meglio dire è la condanna di quanto ognuno dei due, servo e tiranno, fa per il mantenimento dell’altro.

Non dunque un pamphlet usabile dai militanti, ma una riflessione sull’uomo che ne svela l’intrinseca radice di contradditorietà; più adatta a turbare che a dare certezze, più invito a raccogliersi su sé stessi che a mobilitare, più fonte di meditazione che di rivoluzione. Un’opera di questo tipo ha più a che fare con la ricchezza e la profondità delle osservazioni dei grandi moralisti che con le invettive politiche dei monarcomachi o dei regalisti In un certo senso La Boétie può essere considerato uno dei primi «spiriti liberi» del Cinquecento, per la radicalità delle questioni che riesce a porre e per il desiderio di libertà da cui è animato. A differenza però dei libertini La Boétie è alieno da ogni forma di indifferentismo e relativismo.. Perché allora l’amico Montaigne l’ha voluta minimizzare riducendola a pura esercitazione retorica, contraddicendo la sua intenzione di porla come quadro centrale all’interno del suo scritto e quasi rinnegando quella tensione etica che si sprigiona dalle pagine del Discorso? È difficile a prima vista dare una spiegazione plausibile di questo strano atteggiamento. Ma se si considera il fatto che questo scritto, che stava tanto a cuore a Montaigne, è risultato improvvisamente stravolto nelle sue intenzioni e nel suo significato globale a causa della pubblicazione ugonotta, è comprensibile il gesto di stizza e di sdegno con il quale «ha liquidato» l’opera in questione. Il grande umanista, intimamente distaccato dalle polemiche e dai contrasti politici della sua epoca, non volle probabilmente scendere al livello dei suoi interlocutori contrapponendo la propria interpretazione del Contr’un a quella ugonotta. Vi era solo un modo perché il testo venisse sottratto ad ogni interpretazione di parte: collocarlo il più lontano possibile nel cielo delle dissertazioni retoriche.

In definitiva il gesto di Montaigne ci appare non già come un tradimento o una censura nei confronti dell’amico, ma come il tentativo di mettere al riparo il Discorso dalle letture militanti messe in atto dalle varie fazioni politiche A questa conclusione giunge pure l’introduzione al Discorso sulla servitù volontaria di Miguel Abensour e Marcel Gauchet; cfr. E. De La Boétie, Discours…, op. cit., Payot 1976, p. 11.. A queste persone ben si adatta quanto dice La Boétie: le loro imprese «non furono altro che congiure di gente ambiziosa, la quale non deve certo essere compianta per gli inconvenienti cui andò incontro, essendo a tutti evidente che desideravano semplicemente far cadere una corona, non togliere il re, cacciare sì il despota, ma tenere in vita la tirannide. Riguardo a costoro sarei dispiaciuto se fossero riusciti nel loro scopo». Vedi pagina 87..


Crediti
 Etienne De La Boétie
 Discorso sulla servitù volontaria
 SchieleArt •   • 



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