Kathryn Jacobi
È stato fatto notare Si tratta di Pierre Leroux, autore di un commento all’opera di La Boétie, in Revue Sociale, agosto-sett. 1847, pagine 169-172; «Le Contr’un d’Etienne La Boétie» riportato in Discours de la servitude volontaire, op. cit. Payot 1976, pagine 41-56. che seguendo fino in fondo il ragionamento di La Boétie egli risulta aver torto nel considerare ingiustificato il potere, proprio perché è il desiderio stesso della libertà che ha creato la monarchia, è l’unità originaria naturale che trapassa in un principio ordinatore della convivenza. Ora, si dice, non c’è via di mezzo: o La Boétie riesce ad indicarci un altro principio storico che sappia incarnare l’originario stato di unità oppure va rispettato questo Uno tanto deprecato. È chiaro che La Boétie non si sia posto questa alternativa, poiché ha davanti a sé l’immagine dell’assenza del potere. Ma l’osservazione coglie il passaggio fondamentale su cui si regge il Discorso: la libertà, nel tentativo di dare spessore storico alla solidarietà originaria, produce il dominio. Gli uomini avrebbero usato del linguaggio per costituirsi in un’unità che li sapesse esprimere: come dice La Boétie «sono affascinati e stregati dal solo nome di uno» Vedi pagina 61.. L’unicità del potere è nello stesso tempo la forza dell’unità che riesce a generare attorno a sé. Verso la fine del Discorso ci viene ricordato che anche il sovrano infatti genera unità: essa è la traduzione rovesciata della unità originaria fra gli uomini. Questa unità fondata dal tiranno non si può chiamare amicizia: «Non ci può essere amicizia dove si trovano crudeltà, slealtà, ingiustizia; e quando i malvagi si ritrovano tra loro non vi è compagnia ma complotto, non sono amici ma complici» Vedi pagina 107., Dall’unità come amicizia all’unità come complotto. Dovremmo dunque pensare che la tensione al riconoscimento reciproco fra gli uomini genera inevitabilmente un meccanismo di sopraffazione, che il desiderio di unità fa scattare necessariamente quell’Uno che affascina e ipnotizza, che la libertà assume inesorabilmente la figura del potere? Ma se questo fosse vero in senso assoluto, se cioè non fosse possibile immaginare che avvenga diversamente, allora dovremmo concludere che la libertà, per rimanere tale, non deve trovare espressione ma restare sempre nel vago. Come dice Claude Lefort «il desiderio di libertà esige che la natura del soggetto non sia determinata» C. Lefort «Le nom d’Un», commento al Discorso, op. cit. Payot 1976, pag. 273.. Appena tenta la sua dicibilità, essa si contraddice.

Perché non pensare invece che la libertà esige una soggettività determinata, ma non riesce a trovare un soggetto storico adeguato? Perché la libertà deve essere pensata nei termini di una indeterminatezza e non in quelli di una identità assente, di un Altro che viene continuamente sostituito e contraffatto dal nome d’Uno, dalla figura del potere? L’immagine di solidarietà originaria che La Boétie ci presenta non è infatti una pura finzione di una libertà che sarebbe indicibile, bensì il tentativo di dare espressione e contenuto determinato a quel desiderio di libertà che continuamente ricerca nella storia una sua realizzazione, ma che un male oscuro rovescia nella non-libertà, nel potere.

Se il desiderio di libertà fosse possibile solo a partire da una soggettività assolutamente indeterminata il passaggio dalla libertà al potere acquisterebbe i caratteri della necessità: esplicitare il desiderio, tentare una sua espressione, significherebbe perderlo per sempre. A nostro avviso invece il passaggio va pensato nei termini dell’accidente storico, di un malcapitato caso, o come dice La Boétie, del «mal-encontre». Alla fine di questa prima parte del Discorso egli non riesce a chiudere in una soluzione la questione affrontata, ma ripropone la domanda iniziale. Ora però la formulazione ha acquistato in chiarezza e precisione: «Quale oscuro male (mal-encontre) ha potuto snaturare a tal punto l’uomo, l’unico ad essere nato propriamente per vivere libero, da fargli perdere la memoria del suo primo stato e il desiderio di riacquistarlo?» Vedi pagina 74. Qui sta il cuore dell’intero Discorso. Il termine «mal-encontre» sta ad indicare appunto la casualità della caduta, del venir meno di quella memoria; caduta che rimane però inspiegabile. In questa domanda sta il paradigma di ogni pensiero che voglia tentare l’affronto della origine della società: La Boétie si rivela come il vero precursore di Rousseau e in generale di tutto quel pensiero borghese che invece di accontentarsi della questione del potere si è sforzato di pensare la radice della sua contradditorietà.


Crediti
 Etienne De La Boétie
 Discorso sulla servitù volontaria
 Pinterest • Kathryn Jacobi  • 




Quotes casuali

Ogni dovere e diritto nasce e procede dall'istinto della propria conservazione.Carlo Dossi
[…] e per quanto siano fervide le mie preghiere, per quanto disperato il mio desiderio, c'è un oceano fra di noi; là starà ella a far la fame, e qui io camminerò da una strada all'altra, con le lacrime cocenti che mi bruciano il viso.Henry Miller
L'impegno collettivo verso un futuro migliore è ciò che dà significato alla nostra esistenza.Benjamin Constant
La verità e la menzogna. Dialogo sulla fondazione morale della politica