Shanti Parva
Erano trascorsi pochi giorni dall’incoronazione di Yudhisthira che i Pandava videro apprestarsi uttarayana, il momento in cui Bhishma avrebbe lasciato il corpo.

Allora tutti si prepararono per andare a salutare e onorare il grande santo guerriero. Accompagnati da Krishna e da molti saggi e funzionari di corte, i fratelli, ognuno sulle proprie cavalcature, si diressero verso Kurukshetra.

Giunti nelle vicinanze del luogo in cui l’anziano Bhishma giaceva sul letto di frecce, tutti, in forma di rispetto, proseguirono a piedi.

Fu Krishna a parlare per primo.

O Bhishma, solo il più grande fra gli yogi avrebbe potuto resistere per tanti giorni in una situazione in cui il dolore non è sopportabile. Ma in verità, avendo totalmente realizzato la differenza che esiste tra te e il tuo corpo, puoi continuare a stare in questa posizione finché lo desideri senza che la tua mente ne venga disturbata.

Bhishma sorrise.

Io sono stato in grado di fare tutto questo non grazie alla mia capacità, rispose Bhishma, ma solo perché non ho mai smesso di meditare sui piedi di loto di Narayana, il Signore Supremo. E quella persona superiore sei Tu. Incarnato su questa terra come figlio di Devaki e Vasudeva, hai successivamente accettato di essere adottato da Nanda e Yashoda, che sono tra i tuoi migliori devoti. Sei nato su questa Terra per dare piacere ai devoti secondo relazioni diversificate, per distruggere gli empi e ristabilire i principi della religione, e immancabilmente hai ottenuto gli scopi che ti eri prefissato. Quale amante ideale hai soddisfatto Radharani e le gopi, come un figlio ideale hai procurato somma felicità a Yashoda, e come il più fedele tra gli amici hai diviso il tuo tempo e i tuoi giochi con Shridhama, con Akrura, con Arjuna, e con tanti altri. Ma è così difficile nominarli tutti, i tuoi grandi bhakta, che sono numerosi come le onde dell’oceano e gloriosi come Te stesso. Per quanto mi riguarda, io vorrei essere accompagnato per l’eternità dal ricordo di una visione, quella del Vishnu distruttore che si precipita contro di me che, ancora ferito e sanguinante a causa delle mie frecce aguzze, si precipita contro di me brandendo nella mano benedetta la ruota di un carro. Signore, fa che questa immagine mai abbandoni la mia mente sempre assetata di Te.

Tutti ascoltavano le sacre parole di Bhishma nel silenzio più solenne. Sapevano che esse contenevano l’eterna e indissolubile Verità.

Poi Bhishma istruì a lungo Yudhisthira sui doveri del re, soffermandosi anche su tutto ciò che riguarda gli obblighi delle differenti classi sociali. E così parlò senza sosta davanti a una platea di saggi e monarchi che ascoltavano con rapita attenzione.

Finché il giorno auspicioso arrivò.

Circondato dalle più celebri e venerate personalità del tempo, Bhishma chiese al Signore di mostrargli la sua forma universale. E mentre le parole di Krishna e i suoni dei mantra vedici recitati dai rishi penetravano nelle sue orecchie e ne allietavano lo spirito, l’anima del grande Bhishma brillante come mille soli uscì da quel corpo martoriato e oramai inutile, e scomparve oltre il cielo.

Il mahatma fu cremato il giorno stesso: Vyasa stava per lasciar cadere le ceneri nei flutti del Gange, quando la dea stessa, Gangadevi, sorse dalle acque e prese nelle mani quei resti. Per qualche momento il fiume cessò di scorrere; poi riprese il suo normale cammino in direzione dell’oceano.

I Pandava tornarono ad Hastinapura.

Qualche giorno dopo Krishna e Satyaki, salutati affettuosamente da tutti, tornavano a Dvaraka.

Crediti
 Vyasa
 Mahâbhârata
  A partire dal IV secolo a.C. fino al IV secolo d.C.
  EPILOGO
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Quotes per Vyāsa

Giudizio di un pensiero pacificato  Dalla collera viene lo smarrimento completo. Dallo smarrimento, lo sconvolgimento della memoria; dal disordine della memoria, la rovina del giudizio e della decisione; dalla rovina del giudizio, la perdita dell'uomo. Ma chi [si muove] fra gli oggetti sensibili con le funzioni sensoriali sottratte all'amore come all'odio e [tenute] sotto il suo dominio, questi, anima disciplinata, accede alla serenità suprema. Nella serenità tutti i dolori si annientano, perché il giudizio di un pensiero pacificato trova subito stabilità.  Bhagavadgītā