Vi è tanto in Nietzsche quanto in Dostoevskij una concezione della libertà come di un dinamismo inarrestabile, che vive di continue contraddizioni e destabilizzazioni e che resiste alla cattura di un concetto o di un sistema. In questo senso, si tratta di due autori profondamente antifilosofici, benché animati in realtà dal più profondo e irriducibile spirito di ricerca sull’esistenza.
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Sarebbe incongruo pretendere da questi autori una voce univoca, o anche solo filosoficamente omogenea. Significherebbe non rispettare il complesso di chiaroscuri che solo insieme possono costituire un’armonia sui generis e anche una certa coerenza interna del loro pensiero.
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Sia per Nietzsche sia per Dostoevskij la libertà è assolutamente antecedente alla distinzione tra bene e male, è una potenza senza direzione prestabilita, ma non priva di un criterio.
La sua più autentica manifestazione è nella scelta dell’affermazione, che presuppone il rifiuto di ciò che è soltanto negazione.
La vita ha una propria direzione, quella della sua espansione e diversificazione, e tutte le vie che invece le si rivoltano contro (il ressentiment, la morale del gregge) sono negazione.
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Lo spirito realmente libero vive la propria esperienza lasciando che i propri desideri possano apertamente esprimersi, rivendicando il loro ruolo nell’esistenza concreta.
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La dialettica che intendono Nietzsche e Dostoevskij è vita viva, tensione inesauribile che pretende sempre il coraggio di attraversarla e di affermare il proprio Sé e la propria libertà in tutta la sua tragica potenza fino al prossimo movimento.
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Come bisogna dire-di-sì di fronte alla mancanza di senso compiuto, invece di trasferire un suo possibile riscatto in utopie più o meno terrene, bisogna sapere sostenere la vita anche di fronte alla possibilità che non si dia una riconciliazione appagante e definitiva.
Spirito di ricerca sull’esistenza
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