Spirito di ricerca sull'esistenza
Vi è tanto in Nietzsche quanto in Dostoevskij una concezione della libertà come di un dinamismo inarrestabile, che vive di continue contraddizioni e destabilizzazioni e che resiste alla cattura di un concetto o di un sistema. In questo senso, si tratta di due autori profondamente antifilosofici, benché animati in realtà dal più profondo e irriducibile spirito di ricerca sull’esistenza.

Sarebbe incongruo pretendere da questi autori una voce univoca, o anche solo filosoficamente omogenea. Significherebbe non rispettare il complesso di chiaroscuri che solo insieme possono costituire un’armonia sui generis e anche una certa coerenza interna del loro pensiero.

Sia per Nietzsche sia per Dostoevskij la libertà è assolutamente antecedente alla distinzione tra bene e male, è una potenza senza direzione prestabilita, ma non priva di un criterio.
La sua più autentica manifestazione è nella scelta dell’affermazione, che presuppone il rifiuto di ciò che è soltanto negazione.
La vita ha una propria direzione, quella della sua espansione e diversificazione, e tutte le vie che invece le si rivoltano contro (il ressentiment, la morale del gregge) sono negazione.

Lo spirito realmente libero vive la propria esperienza lasciando che i propri desideri possano apertamente esprimersi, rivendicando il loro ruolo nell’esistenza concreta.

La dialettica che intendono Nietzsche e Dostoevskij è vita viva, tensione inesauribile che pretende sempre il coraggio di attraversarla e di affermare il proprio Sé e la propria libertà in tutta la sua tragica potenza fino al prossimo movimento.

Come bisogna dire-di-sì di fronte alla mancanza di senso compiuto, invece di trasferire un suo possibile riscatto in utopie più o meno terrene, bisogna sapere sostenere la vita anche di fronte alla possibilità che non si dia una riconciliazione appagante e definitiva.

Crediti
 Maria Russo
 La dialettica della libertà in Nietzsche e Dostoevskij
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Quotes casuali

[…] Ciò che resta, lo fondano i poeti (Was bleibt, stiften die Dichter) non va inteso nel senso triviale secondo cui l'opera dei poeti è qualcosa che dura e rimane nel tempo. Essa significa, piuttosto, che la parola poetica è quella che si situa ogni volta in posizione di resto, e può, in questo modo, testimoniare. I poeti - i testimoni - fondano la lingua come ciò che resta, che sopravvive in atto alla possibilità - o all'impossibilità - di parlare.Giorgio Agamben
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Se il nostro sentimento del mondo può essere percepito anche dagli altri come parte inscindibile di loro stessi, che cosa può costituire uno stimolo più grande per il nostro lavoro?Andrej Tarkovskij
Grondaia che sporge dai cornicioni dei palazzi medioevali; di solito è modellata in forma di caricatura grottesca di qualche nemico personale dell'architetto e del proprietario del palazzo.gurgule (sostantivo maschile) Ambrose Bierce
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