Permettete, per mostrarvi come anche dove si crede esser necessaria l’autorità, essa sia perfettamente inutile, che vi narri un ricordo personale.
Si viaggiava sopra uno di quei bellissimi piroscafi moderni, che fendono superbamente i flutti con una velocità di 15 o 20 nodi all’ora e che percorrono la loro strada in linea retta da continente a continente malgrado i venti ed i marosi. L’aria era calma, la sera era dolce e le stelle apparivano ad una ad una, scintillanti nel cielo nero. Si parlava sul cassero: e di che si doveva parlare se non della eterna questione sociale che ci tiene avvinti e stretti alla gola come la sfinge di Edipo? Il reazionario della comitiva era vivamente incalzato dai suoi interlocutori, tutti più o meno socialisti.
Ad un tratto egli si rivolge verso il capitano, sperando di trovare in lui, come capo e padrone, un difensore naturale dei «sani» principii. «Qui comandate voi, non è vero? ed il vostro potere è sacro. Che ne sarebbe del bastimento, se non fosse diretto dalla vostra costante volontà?».
«Ingenuo, che voi siete! — rispose il capitano — Io posso assicurarvi che d’ordinario la mia persona non serve proprio a nulla. L’uomo al timone tiene il naviglio sulla retta via; fra qualche minuto un altro timoniere prenderà il suo posto e noi continueremo lo stesso il cammino. A basso, i fuochisti e i macchinisti lavorano senza bisogno del mio aiuto senza mio consiglio, e fanno tutto meglio che se io stessi lì a guidarli. E tutti questi gabbieri, i marinai, sanno tutto ciò che loro spetta fare, e all’occassione io non posso far altro che aggiungere la mia piccola parte di fatica alla loro, più gravosa ed assai meno retribuita della mia. Veramente, si dice che io guido il piroscafo; ma non vedete voi stessi che questa è una vera e propria menzogna?» Le carte geografiche sono là, nel mio gabinetto; ma non fui io a disegnarle. La bussola ci dirige; ma non sono stato io a inventarla o fabbricarla.
«Per noi si è scavato il porto da cui siamo partiti, e quello a cui siamo diretti. E questo naviglio superbo, che sotto i colpi furiosi del mare cigola appena, e maestosamente si dondola sui flutti, che fila tranquillamente con la massima velocità sotto la pressione del vapore, non fui io che lo costrussi».
«Che cosa sono dunque io, in confronto dei grandi morti, degli inventori e degli scienziati che ci hanno preceduto ed insegnato a traversare i mari? Siamo i loro associati, io ed i marinai miei compagni, ed anche voi, perché mentre è per voi che traversiamo il mare, in caso di pericolo contiamo anche sul vostro aiuto fraterno per salvarci. L’opera nostra è comune e tutti siamo solidali gli uni cogli altri».
Tutti tacquero, ed io mi scolpii nella memoria le parole di quel capitano, simile al quale se ne trovan pochi. Quel piroscafo, dunque, quel piccolo mondo galleggiante, dove le punizioni erano sconosciute, portava a traverso l’Oceano una repubblica modello, malgrado le divisioni gerarchiche nominali.
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