Sono andata da nonna, le ho chiesto di cucirmi il bottone della camicia.
Mi ha guardata, e teneramente mi ha detto: picciré vieni qua, ti devi imparare a fare tutto. Altrimenti che fai quando io non ci sto più? Butti le cose perché non sai aggiustarle? Tutt s’accong. Ricordatelo sempre.
La guardavo. Con il suo ditale, la sua immancabile scatola di legno che ha da quando sono nata, piena di cose per cucire e accongiare.
Mi ha commossa. Perché lei viene da una generazione che cuciva i buchi ai calzini invece di buttarli. Quella generazione in cui si cambiava l’elastico alle mutande e dagli avanzi di un tessuto per lenzuola, si creavano camicette fresche, per i più piccoli. Perché nulla si buttava, nulla veniva sprecato.
Mentre la guardavo, fissavo la fede, che non ha mai tolto nemmeno dopo la scomparsa di nonno, anzi indossa anche la sua come ciondolo.
E ho pensato a tutte le volte che ha accongianto invece di buttare. A tutte le volte che ha ricucito e rammendato, in 50 anni di matrimonio.
Ha ragione lei, con il suo ditale e le sue fedi. Ha ragione la sua generazione che dava valore alle cose e alle persone.
Andiamo dalle nostre nonne e facciamoci insegnare a ricucire i rapporti, a rammendare il cuore e a ricamare nuovamente il valore della vita.
Tutt s’accong. Non lo dimentichiamo.
Tutt s’accong
Crediti
Quotes casuali
Ancora nessun commento