Tutto è perduto
E se Eraclito e Parmenide
avessero ragione contemporaneamente
e due mondi esistessero affiancati
uno tranquillo, l’altro folle;
una freccia scocca immemore,
e l’altra indulgente la osserva;
lo stesso flutto si frange e non si frange,
gli animali nascono e muoiono nello stesso istante,
le foglie di betulla giocano con il vento e al contempo
si struggono in una crudele fiamma rugginosa.
La lava uccide e serba, il cuore batte e viene colpito,
c’era la guerra, la guerra non c’era,
gli ebrei sono morti, vivono gli ebrei,
le città bruciarono, le città rimangono,
l’amore avvizzisce, il bacio è eterno,
le ali dello sparviero devono essere brune,
tu sei sempre con me, anche se non ci siamo più,
le navi affondano, la sabbia canta
e le nuvole vagano come veli nuziali sfilacciati.
Tutto è perduto. Tanto incanto.
I colli reggono cauti lunghi stendardi boscosi,
il muschio sale sul campanile di pietra della chiesa
e con labbra minute timidamente loda il Settentrione.
Al crepuscolo i gelsomini brillano come lampade folli
stordite dalla propria luce.
Nel museo davanti a una tela scura si stringono pupille feline. Tutto è finito.
I cavalieri galoppano su cavalli neri,
il tiranno scrive una sgrammaticata condanna a morte.
La giovinezza si dissolve nell’arco di un giorno,
i volti delle fanciulle si fanno medaglioni,
la disperazione volge in estasi e i duri frutti
delle stelle crescono nel cielo come grappoli d’uva
e la bellezza dura, tremula, immota
e Dio c’è e muore, la notte torna a noi sul fare della sera,
e l’alba è brizzolata di rugiada.

Crediti
 Adam Zagajewskji
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