Nella primavera del 1924, dopo che i medici hanno dichiarato disperate le sue condizioni per l’aggravarsi della tubercolosi alla laringe, Franz Kafka viene ricoverato nel sanatorio del dottor Hoffmann a Kierling: un palazzetto a tre piani con grandi finestre a vetrata e lo stretto portoncino d’ingresso a due battenti, incorniciato da fregi floreali. L’edificio è contornato da fitti cespugli di rose, dietro, il sentiero serpeggia tra declivi erbosi per poi addentrarsi nel bosco. I medici a Vienna consigliano di riportarlo a Praga, perché possa morire in casa. Dora Dymant, la compagna dell’ultimo periodo della sua vita, sa cosa significherebbe questo ritorno per Kafka, tormentato dalla paura di dover dipendere di nuovo da un padre dispotico, e dal complesso di colpa. Decide che rimanga a Kierling, in una stanza graziosa, in mezzo al verde, con il balcone ornato di fiori, che prende il sole a ogni ora del giorno. Dalla sua stanza, anche disteso sul letto, l’occhio può posarsi sui larici, i cedri e gli abeti. Al rivelarsi dei primi sintomi del male, Kafka ha accolto quasi con sollievo il pensiero di una prossima fine, ora i suoi giorni sono contati e le sofferenze orribilmente aumentate. La malattia, dopo avergli devastato i polmoni, gli corrode laringe ed epiglottide. Non parla più e muove poco i polsi esilissimi e le dita lunghe ed eteree. Un tempo, con le mani si divertiva a giocare alle ombre cinesi, e le dita si animavano accompagnando i discorsi immaginosi e vivaci. Soffre d’essere costretto a letto, lui che pone una cura particolare nel vestire, si fa cucire gli abiti da un sarto di primordine e giudica sconveniente presentarsi in pubblico anche solo con una cravatta mal annodata. Ingerisce cibo e acqua a fatica, tossire è una tortura.
Vuole che gli amici davanti a lui bevano lunghe sorsate di birra fresca, assaporandola lentamente, che mangino fragole e ciliegie. Nonostante le somministrazioni frequenti di morfina e pantopon, la sofferenza non diminuisce. Dal letto grida all’amico Klopstoch, allora studente di medicina: Uccidimi, altrimenti sei un assassino. E infine: Non torturatemi più. A che giova continuare?. Per un istante Klopstoch si allontana, Kafka lo richiama a sé. Non me ne vado lo rassicura. Ma io sì gli risponde Kafka con un filo di voce. La notte prima della morte legge le bozze di Colloqui, l’ultima opera. Verso le quattro del mattino, vedendolo in preda a una forte crisi respiratoria, Dora chiama il medico che gli pone la borsa del ghiaccio attorno al collo. Kafka muore il mezzogiorno della stessa giornata, il 3 giugno del 1924.
Ben presto il dolore mi è sembrato meraviglioso, quasi dolce, perché riconoscevo quel tipo di sofferenza che precede il sollievo. Ma a ben pensare, forse il dolore è sempre cosí.
Andre Agassi Open. La mia storiaSecondo me la religione si basa, essenzialmente, sulla paura. In parte è il terrore dell'ignoto, in parte, come ho già detto, il bisogno istintivo di immaginare qualcuno che ci aiuti e ci protegga nei pericoli: suppergiù una specie di fratello maggiore. In principio, dunque, fu la paura: paura dell'occulto, paura dell'insuccesso, paura della morte.
Bertrand RussellIl mondo ebbe un principio
che fu la madre del mondo.
Chi è pervenuto alla madre
da essa conosce il figlio,
chi conosce il figlio
e torna a conservar la madre
fino alla morte non corre pericolo.
Chi ostruisce il suo varco
e chiude la sua porta
per tutta la vita non ha travaglio,
chi spalanca il suo varco
ed accresce le sue imprese
per tutta la vita non ha scampo.
Illuminazione è vedere il piccolo,
forza è attenersi alla mollezza.
Chi fa uso della vista
e torna ad introvertere lo sguardo
non abbandona la persona alla rovina.
Questo dicesi praticar l'eterno.
Lao Tzu Tao Te ChingDisgraziato, ahimè! colui che avrà amato solo i corpi, le forme e le apparenze! La morte gli toglierà tutto. Cercate d'amare le anime e le ritroverete.
VictorMarie HugoNon dalle ricchezze ma dalle virtù nasce la bellezza. La ricerca porta alla verità. Un'ingiustizia non va commessa mai neppure quando la si riceve. Ad una persona buona non può capitare nulla di male: né in vita né in morte, le cose che lo riguardano non vengono trascurate dal Dio.
Socrate
Lettere a Milena di Franz Kafka
Raccolta epistolare che rivela l’intimità e il tormento di Kafka, scritta durante la malattia. Le lettere a Milena Jesenská mostrano il suo rapporto con la sofferenza e la morte, offrendo un contesto emotivo agli ultimi giorni a Kierling, dove il dolore fisico si intreccia con la profondità del suo animo.
La malattia come metafora di Susan Sontag
Saggio che analizza la tubercolosi come simbolo culturale e personale. Sontag esplora come la malattia plasmi l’identità, un tema affine alla lotta di Kafka contro il male che lo consuma, rendendo il testo un complemento per comprendere il suo calvario finale.
Kafka sulla spiaggia di Haruki Murakami
Romanzo che, pur non biografico, omaggia Kafka con una narrazione onirica sulla vita e la morte. La sensibilità di Murakami verso il destino e il dolore risuona con gli ultimi momenti di Kafka a Kierling, offrendo una lettura parallela sul peso dell’esistenza.
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