Linguaggio, dimora del tempo
Lingue classiche quali greco, latino e arabo, si è visto, distinguono fra tempo astratto ma naturale e tempo contingente ma artificiale. Il greco offre la soluzione intermedia del kairós, attimo fuggente proiettabile sullo schermo di un eterno presente, ma anche tempo della crisi e dell’assunzione di responsabilità. Dal canto suo, il sanscrito discerne una dimensione temporale kâla da una atemporale a-kâla. Quest’ultima è volentieri privilegiata in funzione ascetica e in prospettiva salvifica, per cui l’evasione dal tempo tendenzialmente equivale alla rinuncia al secolo dei nostri monaci medioevali. Molto ci sarebbe da disquisire sul tempo coscienziale, esperibile quale imago aeternitatis o recepibile come mera forma mentis, da Agostino a Spinoza a Kant. Se, ad esempio, esso possa essere vissuto come figura epifanica o effettuale ipostasi. Questione solo in apparenza oziosa, modernamente è tornato a porsela Emmanuel Lévinas in Dio, la morte e il tempo Jaca Book, Milano 1996 o in Il tempo e l’altro Il Melangolo, Genova 1997. Su un terreno ad essa congeniale, la psicologia è impegnata in una ricerca parallela e in una riflessione convergente. A proposito del sentimento introverso, già in Tipi psicologici Jung osservava: È uno specchio con la peculiarità di riflettere i contenuti esistenti nella coscienza, non nel loro aspetto noto ed usuale; piuttosto, sub specie aeternitatis […]. Tale coscienza vedrebbe il divenire e il trascorrere delle cose, in modo simultaneo con la loro esistenza al momento presente.
Ovviamente, questa coscienza partecipa dell’inconscio. Ricordi dimenticati o rimossi.
Simulacri dell’immaginario collettivo o archetipi dell’inconscio interpersonale: così come del resto il linguaggio, verbale o perfino iconico che sia. Ma torniamo sul terreno filosofico. A un pensatore che ha assimilato influssi di Spinoza, Nietzsche, Bergson, Lacan, Foucault, ma anche la lezione di antichi Epicurei e Stoici. In Logica del senso, Deleuze rovesciava l’assunto platonico: Aiôn è la verità eterna del tempo: pura forma vuota del tempo che si è liberata del suo contenuto corporeo presente e così ha spiegato il suo cerchio, si allunga in una retta […] quest’altro movimento di cui parlava Marco Aurelio, quello che si fa né in alto né in basso, né circolarmente, bensì soltanto alla superficie […]. Questo mondo nuovo degli effetti incorporei o degli effetti di superficie rende appunto possibile il linguaggio. Esso infatti, come vedremo, trae i suoni dal loro semplice stato di azione e passione corporea, distingue il linguaggio, impedisce ad esso di confondersi con il rumore dei corpi, lo astrae dalle determinazioni orali-anali di questi ultimi. Gli eventi puri fondano il linguaggio, perché lo attendono come ci attendono, e non hanno esistenza pura, singolare, impersonale e pre-individuale se non nel linguaggio che li esprime. E’ l’espresso nella sua indipendenza a fondare il linguaggio o l’espressione, cioè la proprietà metafisica acquisita dai suoni di avere un senso e, secondariamente, di significare, di manifestare, di designare, invece di appartenere ai corpi come qualità fisiche. Questa è l’operazione più generale del senso.
In altri termini – quelli dello stoico Crisippo e di un suo interprete improprio, il romano Vitruvio – ogni qual volta parliamo o ci esprimiamo associamo lectón e seméion, quod significatur e quod significat, vale a dire significati e significanti. Poco più del rinnovarsi di una convenzione. Eppure stabiliamo una differenza, quella del senso del discorso, che è una sfida eternante contro il fluire altrimenti insensato del tempo. Ed è il collante della nostra soggettività, dal momento che in un certo senso e misura noi siamo il nostro discorso. Piuttosto che dimora dell’essere di heideggeriana memoria, il linguaggio è dimora di un tempo, che ci permetta di essere noi stessi e di rapportarci con altre coscienze.
Queso tempo altro, significante puro e perciò significato assoluto, attraversa la nostra coscienza e va a sedimentarsi in un linguaggio o a strutturarsi in un altro sistema di segni significativi. Al tempo astronomico, si è giunti così ad affiancare un tempo umano. Con particolare specificità la valenza monumentale dell’evento è stata rivendicata al discorso artistico, in un apologo sull’origine dello stile corinzio, nell’introduzione al quarto libro del trattato Sull’architettura di Vitruvio. E occorre ammettere che un ordine architettonico è una forma di comunicazione più universale, non meno disincarnata e simbolica, di una lingua. Per i risvolti semantici oltre che per la levità letteraria, si riassume l’aneddoto qui di seguito.


Crediti
 Pino Blasone
 Gilles Deleuze e il tempo
  L'ultimo degli Stoici
 SchieleArt •   • 




Quotes casuali

Adesso non penso più a nessuno;
non mi curo nemmeno di cercare
parole. Tutto scorre in me più o
meno svelto, non fisso nulla,
lascio correre. La maggior parte
del tempo, in mancanza di parole
cui attaccarsi, i miei pensieri restano
nebulosi. Disegnano forme vaghe e
piacevoli, e poi sprofondano,
e subito li dimentico.
Jean-Paul Sartre
La Nausea
La felicità non è un obiettivo da perseguire ma un'esperienza da vivereAlain de Botton
La ricerca della felicità
Non consumarti, o uomo, traendo una vita da nomade,
vagando da una terra all'altra senza meta.
Non consumarti: ti accolga una spoglia capanna, scaldata
solo da un focolare piccolo e scoppiettante,
pure se mangi focacce di rozza farina, da poveri,
che impasti sulla madia con le tue stesse mani,
e hai per companatico un po' di menta e di timo
e un pizzico di sale, misto di dolce e amaro.
Leonida I

Riferimenti